Comune di Stilo

Stilo (Stilu in calabrese, Stylon in greco-calabro) è un comune italiano di 2528 abitanti della Città Metropolitana di Reggio Calabria.
Immerso nel verde della valle dello Stilaro e dell’Allaro e protetto dal monte Cozzolino, il borgo di Stilo profuma ancora dei gelsomini che danno il nome alla costa sottostante e che, in tempi non troppo remoti, mani pazienti raccoglievano nelle sere d’estate perché i francesi ne facessero preziosi profumi. Inserito nel circuito dei borghi più belli d’Italia, Stilo può contare su un territorio ricco e variegato, che dalle verdi serre del Monte Cozzolino arriva fino alle spiagge dorate e alle acque cristalline del mar Ionio. Circondato in larga parte da un bosco lussureggiante in cui è possibile vivere atmosfere da fiaba e fare incontri straordinari con gli inavvicinabili gatti selvatici o con gli affascinanti lupi della Sila, Stilo è rimasto immutato nel tempo e ha mantenuto un’identità architettonica medievale: ne sono esempi di rara bellezza la Cattolica e l’impianto del borgo stesso, una vera e propria opera d’arte a cielo aperto. Dal paesaggio circostante agli antichi edifici ancora ricoperti delle tradizionali tegole giaramidi, passando per le chiese del paese i cui mattoni trasudano storia, Stilo vi rapirà di vicolo in terrazza fino al maestoso belvedere della Cattolica, proteso verso un superbo panorama di tetti antichi e boschi misteriosi da cui occhieggiano splendide testimonianze bizantine del tempo che fu.

Origine del nome
Sono diverse le ipotesi sull’origine del nome. Secondo alcuni Stilo prende il nome dalla fiumara Stilaro. Secondo altri il nome deriva dalla conformazione a colonna del promontorio di Cocinto l’attuale Punta Stilo, in greco: Stylon. Altri pensano si chiami Stylon, per via della forma del Monte Consolino ai piedi del quale sorge appunto la citta di Stilo.

Informazioni:

Sito istituzionale:

www.comune.stilo.rc.it

La Storia

Venne fondata probabilmente sui ricordi dell’antica colonia magnogreca chiamata Kaulon, nei pressi dell’odierna Monasterace Marina, intorno al VII secolo da parte del tiranno di Siracusa Dionisio I.
Per via dei sanguinosi saccheggiamenti saraceni che infuriavano lungo tutta la costa jonica intorno al 900 gli abitanti furono costretti ad abbandonare il litorale e a ritirarsi sopra il Capo di Stilo e, successivamente, alle falde del monte Consolino l’unico luogo sicuro.
Ma la vera storia di Stilo ebbe inizio nel periodo della seconda ellenizzazione ad opera dei Bizantini.
Notizie certe si hanno intorno al 900/1000 con l’arrivo nella Vallata dello Stilaro dei monaci orientali che si stabiliscono sul Monte Consolino e vivono in delle grotta naturali, alcune delle quali ancora oggi sono decorate con affreschi del X sec. d. C. Queste sono le laure di Stilo. Quei monaci vivevano di erbe che trovavano sul monte dalla nuda roccia e si vestivano di pellami di animali. Essi hanno dato un’impronta culturale e storica alla città di Stilo di notevole importanza, facendo acquisire alle popolazioni indigene la lingua e persino la religione greca, cultura che rimarrà radicata nella popolazione fino al 1500.

E’ di questo periodo la costruzione della Cattolica. Nel X sec. Stilo è il centro bizantino più importante della Calabria meridionale. Memorabile la sua resistenza ai Normanni e la fedeltà agli Angioini, che ne fanno uno dei castelli più importanti della regione. Durante tale periodo la cittadina acquistò autonomia territoriale e amministrativa, divenendo città di Regio Demani in quanto dipendente in via diretta dal sovrano regnante. Fu anche autonoma in economia per la ricca produzione mineraria, che si rinvigorì nei periodi successivi a quello normanno. Il diretto contatto della città con il potere regale fu mantenuto vivo, oltre che sotto i già citati Normanni, anche durante le dominazioni Sveva, Angioina ed Aragonese.
Nel XVIII‐XIX secolo, la presenza del ferro e del rame favorisce lo sviluppo delle industrie siderurgiche; il vasto complesso borbonico della Ferdinandea diventa sede, agli inizi dell’800, delle Reali Ferriere.

I personaggi illustri di Stilo

  • Tommaso Campanella
    Giovanni Domenico Campanella nacque a Stilo nel rione Borgo il 5 settembre 1668 da Geronimo e da Caterina Martello. A causa delle ristrettezze economiche fu costretto, fin da giovanissimo, a mettersi a servizio di un ricco massaro, che gli affidò la cura del suo gregge. La leggenda narra che un giorno, spinto dal gregge, sul punto più alto del monte Consolino, trovò un erba rigogliosa e molto saporita e se ne cibò. Era l’erba della Sapienza. Da quel momento divenne istruito come mai nessuno prima.
    Animato da un ardentissima sete di sapere, appena adolescente si fece frate ed entrò nell’ordine domenicano col nome di frà Tommaso, dedicandosi quasi interamente agli studi filosofici. Per queste sue tendenze filosofiche, il giovane frate fu presto sospettato e accusato di eresia e subì, per questo, diversi processi. Il primo processo ecclesiastico-domenicano lo colse a Napoli e la sentenza che ne scaturì, nel 1592, lo invitava ad abbandonare le dottrine telesiane e Napoli e far ritorno alla sua provincia. Campanella invece si recò a Roma, poi a Firenze e a Padova. Qui subì altri processi ed infine fu tradotto a Roma dove venne fatto prigioniero per alcuni mesi. Qui, probabilmente, conobbe Giordano Bruno.
    Dopo alcuni mesi trascorsi a Napoli, rientrò in patria e, rinchiusosi nel convento domenicano, si dette a vita riparatissima, mentre, tacitamente ordiva le fila della congiura contro la Spagna. Imprudenze, defezioni, denunzie e tradimenti di congiurati portarono, ben presto, alla scoperta della congiura, che fu repentinamente repressa dall’autorità vicereale ed ecclesiastica.
    Arrestato insieme a tutti i suoi compagni ed amici, Campanella incominciò a subire i primi sommari processi che, iniziati in Calabria, sboccarono, poi, in un severo processo generale, per tentata ribellione ed eresia che si svolse a Napoli. Fingendosi pazzo, Campanella, riuscì a sfuggire alla pena di morte e dopo, innumerevoli e crudeli tormenti, nel 1601 fu condannato al carcere perpetuo. Rimase prigioniero del governo spagnolo per ben ventisette anni, durante i quali scrisse la maggior parte delle sue opere. Graziato nel 1626 dal viceré, uscì dal carcere napoletano; ma le sue pene non erano ancora finite. Il papa Urbano VIII, lo fece rinchiudere nuovamente in carcere del S. Uffizio, a Roma; accertatosi, però del suo immenso sapere e cultura, non solo gli concesse la libertà, ma per sottrarlo all’ambiente ecclesiastico e per non farlo nuovamente cadere nelle mani della giustizia spagnola, lo aiutò a fuggire in Francia. Le affettuose accoglienze del mondo politico e intellettuale di quella metropoli, gli consentirono di pubblicare e diffondere moltissime le sue opere. In Francia, cessò di vivere il 21 maggio 1639.Tra le opere più importanti ricordiamo l’utopistica “Città del sole”.
  • Francesco Cozza
    Nasce a Stilo, (RC), nel 1605. Nel 1622 si trasferisce a Roma e sposa Francesca Fagioli. Nella capitale, il Cozza è ospitato nel Convento dei Padri Minimi di San Francesco di Paola. Fa subito ingresso nello studio del Dominichino e dipinge le prime tre lunette “lungo il fianco della Chiesa di S. Andrea”. In quegli anni, il Cozza lavora per i Frati di S. Andrea delle Fratte. Il periodo che va dal 1641 al 1650 è da considerarsi assai “intenso e capitale per la manifestazione della pittura di Cozza”.
    Lo vediamo, infatti, nel 1642, frequentare l’Accademia di San Luca, centro di cultura artistica per eccellenza; nel 1648 è nominato Virtuoso di merito. Ancora, dal 1651 al 1654, è costantemente presente alle Congregazioni dell’Accademia di San Luca: in quel periodo viene eletto Stimatore dei Pittori e, contemporaneamente, istituisce – insieme ad altri pittori accademici – la celebre Scuola di disegno dell’Accademia. Nel 1658, il nipote del Pontefice Innocenzo X, Don Camillo Pamphilj, gli affida l’incarico di affrescare la volta della Stanza del Fuoco del Palazzo di Valmontone. A Valmontone, il Cozza conosce il Preti e G. Dughet, il pittore francese paesaggista ed incisore in rame. Tali amicizie si rivelano basilari per la sua evoluzione artistica. Nel 1660 completa la sua opera maggiore: la pala della Madonna del Riscatto, dipinta per la Chiesa di Santa Francesca Romana. Nel 1661 esegue i ritocchi agli affreschi dell’Allegoria del Fuoco di Valmontone; in quello stesso anno muore la moglie: in sua memoria fa erigere, nella chiesa di S. Agostino, un monumento marmoreo con iscrizione e ritratto da lui stesso eseguito.
    “Per distrarsi dal dolore”, il Cozza intraprende un viaggio nel settentrione e si aggiorna sulle più importanti decorazioni esistenti nelle città visitate. Nel 1664 diviene Sindaco dell’Accademia di San Luca, poi Deputato per gli infermi nel 1669 e, infine, Deputato alla questua, dal 1671 al 1770. Negli ultimi anni della sua vita sposa la romana Cecilia Bernardi ma, nel 1682, il suo stato di salute – già precario – peggiora fino a portarlo alla morte.
  • Domenico Vigliarolo
    Fu cosmografo e cartografo della casa reale di Siviglia nel XVII secolo. Nacque nel 1540 a Stilo, semisconosciuto al grande pubblico; ebbe la fortuna di vincere un singolare concorso bandito dal trono di Spagna, sotto il cui governo era assoggettata la Calabria.
    Egli aveva il compito di inventare e costruire un orologio a sole, che consentisse di misurare la longitudine in mare.
    Da allora, Vigliarolo si trasferì a Madrid e divenne il cartografo alla corte del re. Forte di questo ruolo, egli mutò il suo nome in Villaroel e occupò tutta la sua vita a realizzare mappe nautiche del mondo di una elevata precisione.
    Vigliarolo, presso la corte di Madrid, occupò il ruolo di primo pilota maggiore, un tempo di Amerigo Vespucci.
    Tra le sue prime opere, viene riportato un Atlante membranaceo del Mediterraneo e delle Coste Atlantiche risalente al 1577.
    Della stessa pregevole famiglia, sono degni di nota: Domenico Vigliarolo, rinomato latinista, conoscitore di greco ed ebraico, tenuto in considerazione dai papi Urbano VIII ed Innocenzo X e Fra Pietro Vigliarolo, dell’ordine dei Minimi, poeta raro, che fu anche vescovo dell’Isola nel 1645.

Monumenti e luoghi d’interesse

Stilo nella sua storia ha annoverato ben 18 chiese, molte delle quali perdute dopo il terremoto del 1783.

La Cattolica di Stilo

Il simbolo indiscusso di Stilo è senza dubbio la chiesa bizantina La Cattolica. Sorge, come l’intero borgo, alle pendici del Monte Consolino ed è nata tra il X e l’XI secolo grazie ai monaci basiliani che si stabilirono inizialmente nelle laure, grotte scavate nella viva roccia.

Candidata a diventare patrimonio UNESCO, la sua pianta a croce greca inscritta in un quadrato conserva tutt’oggi le tre absidi e le cinque cupolette tipiche delle architetture religiose del periodo bizantino-medio.

 

 

 

 

 

 

Gli spazi interni sono determinati da quattro colonne di differenti marmi e con capitelli rovesciati, alcune delle quali provenienti forse dall’antica Kaulon.

Interno cupoletta centrale

 

Il nome “Cattolica” deriva dal greco Καθολική (Katholikì), e veniva impiegato in epoca bizantina per indicare le Chiese dotate di Battistero. Le pareti, in origine completamente affrescate, conservano oggi alcuni affreschi, scoperti nel 1927 e completamente restaurati.

Oggi, è possibile individuare una serie di figure, tra le quali spiccano per la loro suggestività:

-L’immagine della Madonna dormiente, “dormitio virginis”, coperta da un mantello azzurro con gigli gialli su un fondo bianco a rozzi fiorami, di mediocre fattura. Intorno ad essa, sono disposti gli Apostoli e nella parte bassa l’arcangelo Gabriele con la spada, in atto di tagliare le mani ad un infedele che prova a toccare la vergine.

Dormitio Virginis

L’Ascensione

-Un ulteriore affresco significativo riguarda la presentazione di Gesù al tempio. La composizione è sfumata, ma è possibile individuare sulla destra della parete un Santo nell’atto di benedire con una pergamena in mano.

-Nella parete a destra della chiesa sono rappresentati i Santi Vescovi, S. Nicola, S. Basilio e S. Giovanni Crisostomo.
San Nicola è raffigurato con una candida barba divisa sul mento, a boccoli lanosi, circondato da un paludamento vescovile blu scuro, annerito, sul quale biancheggia il candore del pallio, interrotto da grandi croci nere; San Basilio nimbato, dalla lunga e morbida barba, chiusa a punta sul petto, dove spicca nella sua tinta chiaro-vinosa; San Giovanni Crisostomo, vestito con un ampio e lungo camice bianco ricco di pieghe, sul quale compaiono grandi croci blu.

San Giovanni Crisostomo

Figura di santo

-L’affresco di San Giovanni il precursore, noto per la sua vita selvaggia ed errabonda, ritratto come un santo al naturale, con barba grigia e aureola, mantello color mattone, conclude la parete di destra.
Sulla stessa parete dell’acquasantiera, c’è l’immagine di un Santo guerriero nimbato con lungo mantello rosso, probabilmente raffigurante San Giorgio.

Oltre alla chiesa in sé, anche il Parco della Cattolica merita una visita. Una passerella lignea conduce in un percorso che valorizza l’antico edificio così come il paesaggio, e permette d’ammirare il Monastero delle Clarisse, la natura e – soprattutto – le grotte. Sul versante occidentale del Monte Consolino, i monaci costruirono veri e propri villaggi di laure, a simboleggiare il legame profondo col luogo in cui si erano insiedati.
La laura era un luogo costituito da una o più celle monastiche, in cui i monaci si raccoglievano separatamente, una volta a settimana, per celebrare l’Eucarestia.
Alcune si possono ammirare ancora oggi: la laura dell’Angelo, sita in una zona molto scoscesa del monte e con rudimentali affreschi di scuola bizantina; e la laura della Divina Pastorella, situata nelle vicinanze, che venne adattata artificialmente all’uso specifico degli eremiti più delle altre. Altre laure sono invece rimaste sconosciute e interrate.

  • Il Duomo
    Tra le Chiese di Stilo, sopravvissute alle soppressioni o alle demolizioni e trasformazioni avvenute nei secoli,,quella che più di tutte desta enorme curiosità e interesse culturale, oltre alla Cattolica , è proprio la Chiesa Matrice o Duomo. La Chiesa è menzionata per la prima volta nel 1094 ed è descritta come Ecclesiam Episcopi, perchè sede, probabilmente, di una cattedra vescovile. La costruzione del Duomo va dal XII al XIV sec. E’ dotato di un bellissimo portale in pietra calcarea a forma ogivale in stile romanico-gotico del 1300. Alla sua destra si nota una scultura su pietra raffiguranti due uccelli affrontati e stilizzati, nel modo tipico dell’arte normanna, ma alcuni studiosi sostengono che si tratta di arte bizantina. Sulla sinistra, invece, attaccati alla parete, ci sono due piedi in marmo di una statua romana. Questi elementi stanno a testimoniare che il Duomo è stato costruito su un preesistente tempio paleo-cristiano e su una chiesetta bizantina. Ciò è emerso, oltre che dagli elementi architettonici presenti sulla facciata, dagli scavi archeologici effettuati nel 2000. L’interno, in stile barocco, conserva una meravigliosa tela del 1600 rappresentante la Madonna col Bambino in gloria e Santi, opera del pittore napoletano Giovanbattista Caracciolo detto il Battistello
  • Abbazia di San Giovanni Therestis
    L’ingresso è caratterizzato da un portone in granito grigio e rosa, al di sopra vi è un balcone con inciso il nome del priore che lo fece costruire. Ha una cupola impostata su 4 pilastri con 2 archi a tutto sesto e 2 archi a sesto acuto. All’interno c’è un dipinto del XII secolo del periodo svevo della Madonna in trono con la mano destra sulla spalla del bambino che benedice. Qui nel 1600 furono portate le reliquie di San Giovanni Therestis da un vecchio convento con il consenso del papa Alessandro VIII.
  • Chiesa di San Domenico
    La chiesa di San Domenico (conosciuta anche con il nome di Chiesa del Rosario) si trova in pieno centro storico, presso una delle porte d’accesso di Stilo (porta Stefanina).
    La chiesa è ad un unica navata e il suo portale si apre maestosamente su tutta la Vallata.
    Costruita intorno al ´600 era parte del piccolo convento dei frati domenicani che ospitò Tommaso Campanella nei suoi anni giovanili.
    L’interno era una volta assai più adornato: ogni nobile della cittadina, tanti erano allora, aveva una cappella con blasone. La maestosa cupola a due foglie, che ancora padroneggia l’immensa struttura, era già in quei secoli il polo artistico centrale.
    Nel 1783 a causa di un terremoto il convento crollò fino alle fondamenta. Nel 1787 dopo essere stata ricostruita fu scelta come sede della parrocchia di Santa Marina e Lucia. Nel 1927 fu chiusa al culto per il crollo della volta, fu in parte ricostruita ma finì di essere restaurata nel 1998 grazie al comune e ai fondi della Regione Calabria. L’unica parte della costruzione originaria seicentesca ancora in piedi è la cupola.
  • Chiesa di San Francesco
    Ha una costruzione tardo barocca con facciata del 1600 e portale in granito locale del 1734. L’interno è arricchito con magnifici affreschi settecenteschi e da un altare ligneo con colonnine tortili. Conserva, inoltre, la celebre tavola della Madonna del Borgo, una statua in marmo dell’Immacolata del XVIII sec. La Chiesa, oggi, è in restauro. Annessa ad essa c’è una magnifica torre di guardia del 1300.
  • Chiesa di San Nicola Da Tolentino
    Il piccolo monumento di S. Nicola da Tolentino, un tempo adibito a chiesa, appartenne all’Ordine Eremitano di S. Agostino. Di ispirazione bizantina risale al XIII secolo. Oggi la chiesetta, collocata in uno scenario paesaggistico mozzafiato, è quasi un rudere. Fortunatamente la piccola costruzione, certamente più volte riadattata e manomessa, presenta ancora qualche avanzo pittorico e archeologico di indiscusso valore: una dolce cupola a trullo, alcune fosse tombali (che secondo il Padre Nilo Vatopedinos potrebbero essere le sepolture – ad oriente – dei costruttori della chiesa), e un affresco, all’interno, di un santo, forse lo stesso san Nicola.
  • Chiesa della Madonna delle Grazie
    La chiesa della Madonna delle Grazie sorge proprio sotto il luogo in cui un tempo sorgeva la Cappella di San Biase. Recentemente restaurata, la chiesa è sita in una posizione ariosa, in aperta campagna. Il restauro ha interessato l’unico affresco della parete di fondo. Esso ritrae una Madonna nell’atto di allattare il Bambino. La pittura risale molto probabilmente al XV-XVI secolo; ciò si deduce dal sistema utilizzato: il cosiddetto lavoro a “sinopia”, caratteristico sia per le terre utilizzate di colore rosso molto particolare, sia per la composizione delle figure dai tratti marcati.
  • Chiesa di Santa Marina e Lucia
    Una delle chiesette minori di Stilo, dedicata a Santa Lucia e Santa Marina, parrocchia fino all’ottocento. Per lo più utilizzata come cappella nobiliare dalle famiglie Crea Bono, Sersali e Capialbi.

Altri Monumenti

  • Il Castello Normanno
    Del castello di Stilo non restano che i ruderi. Curiosamente, questo capolavoro dell’architettura militare del Medioevo europeo non ha mai fatto notizia, forse perché Stilo ha finito per identificarsi con la Cattolica che, peraltro, si trova alle porte del borgo, mentre il castello è quasi inaccessibile; infatti quei sentieri scoscesi ma pittoreschi si allungano su quasi tutte le pareti del monte Consolino, dove è posto il castello, un tempo tutti questi bastioni naturali erano collegati da mura e torrette di guardia in un unico sistema che si chiudeva in basso con le fortificazioni del borgo e, in alto con le poderose difese dell’acropoli sul vesante di Stilo, mentre l’opposto versante su Bivongi era protetto da 500 metri di parete a picco, le stesse prigioni scavate sotto il castello non avevano neppure una porta, poiché si poteva entrare o uscire soltanto se si era calati o issati dall’alto con un paranco.
    Un altro passaggio sotterraneo conduceva all’estrema roccaforte, da qui si tramanda si sarebbero gettati, nel vuoto piuttosto che arrendersi, gli ultimi difensori.
    La cinta delle mura era intervallata da torri di guardia ora a pianta quadrata, ora pianta triangolare sulle quali si aprivano feritoie di avvistamento. Ancora due torri poderose stavano a guardia dell’ingresso; all’interno vi erano gli appartamenti dei signori, gli alloggi dei servi e della guarnigione, una piccola chiesa, le stalle, gli immensi depositi, i laboratori artigiani, le cisterne dell’acqua piovana.
    Il castello fu fatto costruire nel secolo XI da Ruggero II il Normanno a salvaguardia del feudo e del dominio, che, la casa regnante, a cui la fortezza apparteneva, aveva stabilito nella zona.
    Fu senza dubbio rimaneggiato e venne definitivamente distrutto nel secolo XVI dai francesi che infierivano contro gli angioini.
    L’incuria ed il corso dei secoli hanno contribuito ad annientare la fortezza, oggi non rimangono che mura e torri disperse qua e là sulla facciata del monte e, pure, in pieno centro abitato, avanzi della cinta muraria.
  • La fontana dei delfini o Gebbia
    Opera araba che testimonia l’alleanza tra Bizantini e Arabi, rappresentati da due delfini intrecciati, per scacciare Ottone II di Germania da queste terre. Il 13 luglio dell’anno 982 si svolse difatti la battaglia di Stilo con la sconfitta dell’imperatore sassone.
  • Le Porte Medievali
    Nel primo Medioevo, Stilo era cinta da mura e torri, e ben cinque porte (Porta Reale, Porta Terra, Porta Scanza Li Gutti, Porta Stefanina e Porta Cacari), vi davano accesso all’urbe. Di tre di esse non rimane traccia alcuna, e precisamente, Porta Terra, porta Scanza li Gutti, e porta Cacari.
    Fino a meno di un secolo fa esisteva invece la Porta Reale; era formata ad arco alla cui sommità centrale v’era scolpito lo stemma della città. Di essa, ora, rimangono solo avanzi murari. Bene si conserva invece la Porta Stefanina. A sostegno, si erige su di un fianco di essa, una torre rotonda, mentre l’altro suo lato si appoggia al muro della Chiesa dei Domenicani.
    Maestoso è il portale in blocchi di granito intagliati, secondo una classica lavorazione medioevale.
  • La Ferdinandea
    Parte integrante della storia e delle opere d’arte di Stilo è la Ferdinandea, “vasta isola amministrativa”, dal glorioso passato. Sorge non molto distante dal paese, tra fitti e verdi boschi di faggi.
    Ferdinando II di Borbone la scelse come sua dimora estiva e lo stesso fece, dopo tant’anni, Achille Fazzari, insigne colonnello garibaldino. Più di tutto, il vasto complesso borbonico, fu destinato, nella prima metà del 1800 a sede della direzione delle Regie Ferriere e della Fonderia, stabilimenti già in funzione da tanto tempo, e costituenti grande fonte di reddito per tutta la zona.
    Da ammirare, all’interno della tenuta, un vivo e colorito giardino con al centro un laghetto artificiale. Il complesso residenziale era completato da una Cappella o Oratorio, che esiste tuttora, e da un Museo privato che ormai da tempo non esiste più formato dalla cospicua raccolta di tele, ceramiche, materiale di antiquariato e altri oggetti di indubbio interesse artistico.
  • Monumento al Filosofo Campanella
    Al centro della Piazza antistante la Chiesa di S. Francesco sorge una statua di bronzo a grandezza naturale, poggiata su di una base in granito grezzo scolpito a mano dalla scuola di scalpellini che faceva capo all’artista stilese Mastro Peppino Drago: è la statua di Tommaso Campanella.
    E’ opera dello scultore modenese Ernesto Gazzeri; risale al 1923, anno in cui fu pure inaugurata a mani del filosofo Giovanni Gentile. Inoltre c’è da dire che tale opera fu fatta erigere a gloria del filosofo, dallo stilese Luigi Carnovale, protettore e fautore di ogni tipo di arte e lettere, al cui nome rimane intitolato il largo spiazzo, che per la realizzazione della grande scultura in bronzo assommò le offerte e i contributi raccolti nel paese e arrivati da diverse istituzioni.
  • Palazzi gentilizi e le famiglie nobili
    Stilo ha un bel cuore pulsante, caratterizzato da un centro storico caratteristico, formato da viuzze e palazzi storici. Le chiese e il borgo costituiscono un indubbio patrimonio storico, culturale e spirituale.
    Nel centro e nelle vicinanze della città di Stilo, sono presenti una molteplicità di palazzi gentilizi.
    In particolare, l’edificio civile appartenuto ai Conti Capialbi, ricco di belle sale, si trova nel Rione di Santa Lucia. Nella contrada Nipitino, vi è ancora un grande edificio rurale di nobile fattura, con graziose finestre ad ogiva, un tempo appartenuto alla stessa famiglia.
    La Biblioteca, che custodiva una ricca collezione di libri antichi, appartenne per ultimo al conte Massimo Capialbi, colonnello dei bersaglieri, nonché personaggio famoso per la vasta erudizione di cui era fornito e ammirato anche per “la sua signorilità e il suo amore di patria”. La biblioteca venne lasciata da Massimo in eredità a sua figlia, la quale nel 1963 donò al Comune di Stilo ben 7260 volumi.

Eventi

  • Il Palio di Ribusa
    Ogni anno, la prima domenica di agosto e nei giorni precedenti, il borgo celebrato da Campanella, ci regala un pezzo di Rinascimento con il Palio di Ribusa, un percorso nelle atmosfere della festa storica, un appuntamento magico.
    Gli antichi Casali della Contea stilese (Camini, Guardavalle, Pazzano, Riace e Stignano) sfidano la nobile e illustrissima Città di Stilo, in alcune prove di forza e di destrezza, mentre nel pomeriggio dell’ultima giornata i rappresentanti dei sei paesi si misurano nella Giostra all’anello che assegnerà il Pallium, un drappo artisticamente lavorato.
    Durante il Palio tutto il centro storico viene illuminato dalla affascinante luce delle fiaccole.
    Nelle piazze e nelle vie si tengono spettacoli teatrali, spettacoli di musica d’epoca ed esibizioni varie; ci si imbatte, ad ogni piè sospinto, in giocolieri, funamboli, menestrelli, commedianti, fattucchiere, tiratori con la balestra e con l’arco, fachiri e quant’altro. Inoltre si può assistere a scontri (ovviamente simulati) tra duellanti a cavallo e appiedati. Nelle strade del centro si tiene un animato mercato storico ricco di laboratori e botteghe artigianali.
    A Stilo, nei giorni della rievocazione, vengono allietati anche i piaceri del gusto attraverso ricette rinascimentali rivisitate, ma sempre con prodotti legati al territorio. I punti ristoro sono facili da trovare nelle locande e nei banchi appositamente allestiti lungo le vie del borgo antico.

    Il Palio di Ribusa (ripreso nel 1997 dopo una parentesi di 280 anni) può essere definito il simbolo dell’orgoglio della stessa città, che già nel 1600 era annoverata “fra il numero di cento e dieci Città d’Italia più famose”. Il termine Ribusa (luogo di rovi) richiama alla mente le vicissitudini della nobile Città di Stilo e del vasto territorio su cui la cittadina aveva la più assoluta giurisdizione. Il Palio trova giustificazione, oltre che nelle travagliate e illustri vicende della storia del regio demanio, anche nella fera di Ribusa, che era un rilevante momento istituzionale e tutt’uno con la grande festa popolare caratterizzata da gare e tornei cavallereschi. Ogni anno, eccezionale guida per la realizzazione dell’evento storico, è il filosofo Tommaso Campanella, attraverso le sue opere, principalmente, da cui si trae spunto per la scelta del tema di ogni edizione.