Rizziconi, ( Rizzicuni In calabrese) è un comune italiano di 7 623 abitanti della Città Metropolitana di Reggio Calabria.
Origine del nome
Circa il nome, la notizia più antica è del 1324, a proposito del versamento di una decima ecclesiastica «a presbitero Guillelmo de Riczicone». Ma, “Rizziconi” potrebbe discendere anche dal nome della famiglia calabrese Rizzica con l’aggiunta della desinenza “oni”, assai frequente nella formazione dei toponimi nella provincia di Reggio Calabria. Un’altra supposizione fa derivare il nome da un suo benefattore, Rizzo Cordopatri, o anche dal fatto che il luogo fosse denominato «I cipressi o noci di Rizzo».
Informazioni:
Sito istituzionale:
www.comune.rizziconi.rc.it
Il territorio
Il territorio del comune di Rizziconi occupa una superficie di 40,22 kmq ed è interamente compreso nella piana di Gioia Tauro. La mancanza di strumenti di pianificazione urbanistica si riflette sulla disposizione dei centri abitati che presentano una notevole disaggregazione morfologica.
Posta tra il mare e la montagna, Rizziconi è una simpatica cittadina, che seppur appar modesta, è ricca di storia e tradizioni. Poggia su un pianoro, scavato per tre lati dai fiumi ” Lavina” e “Sant’angelo” che confluiscono ad nord-ovest nel fiume “Budello”. Fin dalla sua nascita (950 – 1260 circa) guarda al mare, verso Gioia Tauro, prima per paura dei Saraceni, ora per ammirare il sole che tramonta dietro l’isola di Stromboli. Il centro storico (Paese vecchio), dalle caratteristiche stradine, conserva ancora l’aspetto di una cittadina medievale che fa respirare una atmosfera d’altri tempi.
La Storia
Fondato probabilmente dai profughi di Tauriana, Rizzìconi fino all’eversione feudale (1806) fu un casale del Ducato di Terranova di cui seguì le vicende.
Appartenne, quindi, ai Lauria, ai Joinville e ai Sanseverino fino all’inizio del Quattrocento; ai Santangelo, ai Caracciolo, ai Correale, ai Cordova, ai de Marinis ed infine – dalla 2^ metà del XVI secolo – ai principi Grimaldi di Gerace. Ai tempi della Repubblica partenopea (1799), proclamata dal generale Championnet, Rizzìconi fece parte del cantone di Seminara e con le successive riforme amministrative francesi fu incluso prima fra le università del governo di Rosarno e poi fra i Comuni del circondario di Polistena. La primitiva Rizziconi dovette essere Drosi (Drosium), antica stazione romana della via Popilia: scavi archeologici hanno portato alla scoperta di alcuni sepolcri dell’età preistorica.
Nel 1495 le truppe francesi di Carlo VIII occuparono la nostra Regione. Allora il duca di Calabria Alfonso II (il Guercio), dopo aver abdicato a favore del figlio Ferdinando II (Ferrandino), si ritirò nel convento siciliano degli olivetani a Mazzara. Ferdinando II chiese l’aiuto del Re Ferdinando II d’Aragona (il Cattolico) che gli inviò le sue truppe al comando di Consalvo di Cordova (il Gran Capitano).
Quest’ultimo, attraversato lo Stretto di Messina, occupò Reggio e pose il suo campo a Seminara. I due eserciti nemici, schierati dalle pendici dell’Aspromonte al fiume Petrace, si scontrarono a lungo (21 gennaio 1495) con esito incerto. Verso sera la fanteria spagnola, respinta dalla cavalleria pesante francese, si piegò in rotta fra le paludi di Rizziconi.
Qui al duca di Calabria Ferdinando venne ucciso il cavallo e Giovanni d’Altavilla, nel cedergli il suo e permettere così al figlio del suo Re di raggiungere i fuggitivi, perse la vita.
Da allora il luogo tra il vecchio mulino e la stazione della Calabro Lucana è stato chiamato il Passo dei cavalli.
(L’episodio è riportato da Raffaele A. Catananti in: Rizziconi, De Pasquale Ed. Varapodio-RC, 1993).
Dopo la sconfitta di Seminara, Ferrandino recuperò gran parte del regno ma morì di malattia il 3 settembre 1496.
L’eccidio nazista del 6 settembre 1943
L’eccidio di Rizziconi fu una strage compiuta nel comune di Rizziconi il 6 settembre 1943 dalle truppe naziste in ritirata dal Sud Italia. Fu l’unica strage nazista compiuta in Calabria.
Le truppe anglo-americane, dopo l’invasione della Sicilia, erano sbarcate in Calabria il 3 settembre 1943. I tedeschi erano stanziati nella piana di Gioia Tauro, tra Taurianova e Cittanova, per un’improbabile difesa del continente.
I contatti tra gli anglo-americani e la popolazione furono la causa della strage: alcuni abitanti di Rizziconi avevano tagliato i fili del telegrafo, interrompendo le comunicazioni dei tedeschi, che reagirono sparando contro due soldati inglesi. I nazisti decisero poi di prendere a cannonate il paese, massacrando anziani, donne e bambini: bombardarono il paese dalle 14 alle 16 e dalle 18 all’alba. Non si fermarono neppure quando gli abitanti issarono una bandiera bianca in segno di resa sulla chiesa di San Teodoro.
Alla fine si contarono 56 feriti e 16 morti. Una donna morì qualche giorno dopo all’ospedale di Taurianova per le ferite.
La strage fu compiuta probabilmente dalla 29.Panzergrenadier Division di Walter Fries in un periodo precedente l’armistizio di Cassibile, quando l’Italia era ancora alleata della Germania nazista. Un’altra strage compiuta prima dell’armistizio fu quella di Castiglione di Sicilia (12 agosto 1943).
Arte e cultura
Monumenti e luoghi d'interesse
La Chiesa Madre di Rizziconi è dedicata a San Teodoro Martire, Patrono del paese, ed è la più antica costruzione della zona. Le sue origini, infatti, pare risalgano al X secolo, in concomitanza con la fondazione della città e dell’arrivo in questi luoghi dei monaci basiliani provenienti da Tauriana. Gli eventi sismici e naturali che interessarono la zona nel corso dei secoli imposero numerosi interventi di restauro e ristrutturazione, ma il sito rimase sempre il medesimo, così come secondo alcuni non furono mai mutate le fondamenta. L’aspetto attuale è quello conferitole dall’imponente ristrutturazione del 1850 che ne trasformò la pianta con l’aggiunta delle due navate laterali. Ne è venuta fuori una facciata a capanni, in tempi recenti piastrellata, dalle forme molto lineari che mettono in evidenza la nicchia ad arco a sesto acuto in cui è posta la statua della Vergine, il cornicione sottostante che si inarca in corrispondenza dell’ingresso della navata centrale e il portale di quest’ultimo, realizzato in pietra con stilemi dal gusto chiaramente greco e con un timpano spezzato che lascia lo spazio allo stemma ecclesiastico. Interessanti, inoltre, le due aperture semicircolari che danno luce alle navate laterali, mentre la parte centrale è sprovvista di rosone. All’interno troverete un bell’altare maggiore in marmi policromi e 4 altari votivi nelle due navate laterali, ognuno dei quali corredato da un’icona o da una statua del Santo (è il caso di San Giuseppe). Pregevoli sono inoltre gli affreschi delle navate e della volta dell’altare maggiore, di epoche differenti ma tutti attribuibili ad anonime benché abilissime maestranze calabresi.
La Chiesa del SS. Rosario di Rizziconi venne edificata sul finire del XVIII secolo per venire incontro alle esigenze di culto di una popolazione in crescita a cui non era più sufficiente la sola chiesa matrice. In origine, però, si trattava di una chiesetta ad una sola navata e piuttosto bassa: negli Anni Trenta, con un’ulteriore crescita della popolazione, si decise di ampliarla sia in larghezza che in altezza sino a raggiungere le dimensioni attuali: la struttura muraria in cemento armato, invece, fu introdotta solo vent’anni più tardi. Oggi la costruzione è ben integrata con il contesto urbano in cui è posta ed i suoi colori richiamano la terra che è il primo valore di una civiltà contadina come quella calabra tradizionale. Oltre alle lesene doriche che ornano tutta la facciata, questa è dominata dalla nicchia in cui è custodita la statua metallica della Madonna del Rosario con Bambino assisa sul trono ed è caratterizzata dal ripetersi delle forme triangolari, ancestrale simbolo della Divinità. Oltre al frontone, sono triangolari anche i timpani della nicchia, dei portali della chiesa e del campanile e della finestra di quest’ultimo. La torre campanaria si erge al lato sinistro della struttura ed aveva storicamente anche la funzione di custodire il carro funebre. All’interno della chiesa del Rosario si trovano diverse immagini sacre e soprattutto le statue del Cristo Morto, usata nelle processioni del Venerdì Santo, e quelle del Cristo Risorto, della Madonna e di San Giovanni Evangelista, usate nella famosa celebrazione dell’ ”Affruntata” della Domenica di Pasqua.
In località Drosi di Rizziconi si trova la Chiesa di San Martino, l’unica rimasta in questa zona dopo i tragici eventi naturali che nel corso dei secoli ne hanno distrutto gran parte del patrimonio artistico ed architettonico. La chiesa di San Martino rappresenta quindi non soltanto l’ultimo edificio sacro rimasto nella frazione ma è anche il luogo dove le vestigia del glorioso passato artistico sono tuttora custodite. La struttura è evidentemente moderna grazie all’aspetto conferitole da un restauro recente che ne ha ravvivato i colori e sottolineato la linearità della forme esterne: la facciata è infatti in stile neoclassico con doppia torre campanaria ed una breve gradinata che conduce al portale in pietra, lavorato nel dettaglio dagli scalpellini locali che gli hanno conferito un caratteristico stile greco con due colonne ioniche che sorreggono un robusto architrave. Al suo interno si trovano molte opere d’arte dal valore storico e religioso elevatissimo: su tutte segnaliamo il Ciborio e la statua di San Giovanni Battista, entrambe attribuite all’artista messinese Giuseppe Bottone, oggetto di meritata rivalutazione negli ultimi decenni, attivo nella seconda metà del Cinquecento.
Il Ciborio è un’opera di grandissima fattura, in quanto oltre alla scelta di conferirgli la caratteristica forma a tempietto, è ricchissimo di figure dalla spiccata plasticità che ben si integrano con i numerosi simboli religiosi (il pane su tutti) che il Dio Padre raffigurato nel timpano distribuisce a piene mani.
Molto apprezzato anche il Battista di Bottone, ritornato a Drosi solo nel 2007: anche in questo caso la figura è curata nei minimi dettagli ed ancora una volta la simbologia è centrale. Giovanni Battista regge in braccio un agnello, simbolo della Divinità, ed ha lo sguardo estatico di chi ha un rapporto diretto con la luce di Dio. Sul basamento potrete vedere rappresentati i momenti più significativi della sua vita, dal Battesimo di Cristo alla sua decapitazione.
La chiesetta di S. Antonio di Padova detta "'A Chjèsia Barracca" perchè in origine era costruita interamente in legno, venne edificata subito dopo il terremoto del Dicembre 1908, su terreno concesso dal Comune e per opera del Genio Militare che nel frangente era stato inviato per puntellare le case lesionate e, poi, per costruire le 30 baracche (tra Rizziconi e Drosi) da destinate alle famiglie terremotate.
In seguito, verso la fine degli anni '20, venne riedificata in muratura con il soffitto ornato di buone riproduzioni fotografiche di Santi e ultimamente ristrutturata. In essa vi è la statua di S Antonio di Padova cui è dedicata la chiesetta, la statue di S. Lucia e quella di S. Luigi Gonzaga; ma di tutte e tre le statue non si conoscono gli autori. In cima al prospetto esterno della chiesetta sono sistemate due campane di modestissime dimensioni.
La Chiesa di Santa Teresa di Gesù Bambino si trova nella piccola frazione di Cannavà, un borgo agricolo fondato nel XVIII secolo dai Principi Serra di Gerace, poi passato in eredità per linea femminile ai Principi Acton di Leporano. Essa venne costruita da maestranze napoletane e, in origine, doveva essere intitolata a Santa Teresa d'Avila, come attesterebbe il dipinto del De Matteis raffigurante appunto Santa Teresa, posto sull'altare maggiore. Preceduta da una breve scalinata, essa si affaccia su un ampio slargo col prospetto principale articolato da lesene doriche e frontone triangolare. Internamente dispone di navata unica e presbiterio rettangolare, dove si conserva l'antico altare in marmi policromi, sovrastato dalla settecentesca pala d'altare di Paolo De Matteis. Sul retro dell'edificio, sopra la sacrestia, si trova un piccolo campanile a vela, che ospita due antiche campane datate 1656 e 1724.
La facciata, chiusa dal classico frontone triangolare, è delimitata da coppie di lesene doriche, che inquadrano il portone d'ingresso; quest'ultimo è preceduto da una breve scalinata ed è sormontato da una grande finestra a tutto sesto.
Tradizioni
- La Sacra Tragedia
E’ dal lontano 1902 che il venerdì Santo, a Rizziconi, si rappresenta la sacra tragedia, “Il Cristo”, scritta da Francesco Carbone. Un testo che racconta la Passione di Gesù Cristo, le ultime vicende umane, fino alla Crocifissione sul Golgota. Fin dal 1902, il testo di Carbone, è stato sempre interpretato da giovani rigorosamente di Rizziconi.
- L’Affruntata
La Domenica di Pasqua si può assistere al suggestivo incontro della statua di Gesù Risorto con quella della Vergine, alla quale viene tolto il velo (sbelata) dopo l’emozionante annuncio dell’Apostolo Giovanni. L’ordine viene assicurato da un gruppo di uomini incappucciati (volantini). La tradizionale cerimonia, definita l’Affruntata, richiama un gran numero di persone anche dai paesi limitrofi.
Le statue di San Giovanni Evangelista, di Gesù Cristo e della Madonna, escono dalla chiesa percorrendo strade diverse. San Giovanni va tre volte dalla Madonna per dirle che suo figlio è risorto (da qui il famoso luogo comune “i viaggi i San Gianni”). La terza volta san Giovanni è accompagnato da Gesù e la Madonna capisce che è vero e va loro incontro. Quando sta per avvicinarsi a Gesù, per tre volte si fa avanti e per altre tre volte retrocede. Infine ogni dubbio è vinto e la Madonna viene “svelata”, viene fatto cadere il velo nero del lutto, così la Madonna appare in tutto il suo divino splendore.