Molochio (Mòlocco, Mòlokos in greco-calabron ; Mulòhji, Mulòhi in calabrese) è un comune italiano di 2241 abitanti della Città Metropolitana di Reggio Calabria. Posto nel cuore dell’Aspromonte, Molochio sorge in una zona ricca di bellezze naturalistiche. È noto per avere una delle più alte concentrazioni di centenari nel mondo.
Origini del nome
Il toponimo Molochio, secondo un’ipotesi molto accreditata, deriverebbe dal greco malakos (da cui molokhion, in latino moloche), con il significato di malva, una pianta di cui la zona un tempo era ricchissima. Non da escludere una possibile derivazione dall’erba moly, che Hermes offre a Odisseo per superare gli inganni di Circe. L’italianizzazione del nome del paese è avvenuta soltanto da circa un secolo; prima di allora il termine nella sua originale pronuncia si scriveva e si leggeva mulóçi (o mulòxi).
Informazioni:
Sito istituzionale:
www.comune.molochio.rc.it
Il Territorio
Il territorio molochiese è abbastanza vario. Il centro abitato si trova a circa 310 m.s.l.m. per scendere a circa 220 m.s.l.m. nei pressi della frazione di Cerasia a circa 3 km dal centro abitato. Il punto più alto è sulla cima del Monte Trepitò, nel cuore dell’Aspromonte, a poco più di 1000 m.s.l.m.
Nella zona collinare possono trovare ampie piantagioni di ulivi secolari e agrumeti tipici della macchia mediterranea, seguiti da rigorosi boschi collinari di castagno fino agli 800 m.s.l.m. Salendo di quota si iniziano a vedere i primi boschi Elci che nelle zone più remote si trasformano in foreste quasi inaccessibili. Salendo ancora troviamo dei boschi di possenti Faggi. Infine nei pressi delle sommità del Monte Trepitò, al di sopra degli 800 metri sono presenti li pino larìcio e l’abete bianco.
Il fiume più lungo è il torrente Barvi che trova inizio nel cuore dell’Aspromonte, la cui erosione ha diviso i due monti Trepitò e Rumbica. Scendendo a valle lungo il percorso del torrente si possono vedere delle gole a strapiombo, profonde anche 200 metri scavate dall’acqua nelle rocce arcaiche (principalmente gneiss e micascisti). A valle, lungo le rive del fiume il paesaggio è desertico, causato dalle ricorrenti piene fuori misura.
Le cascate di Mundu e Galasia attirano ogni anno migliaia di visitatori, che vi si recano seguendo il sentiero restaurato, ormai utilizzato esclusivamente per la visita delle cascate (l’originale risale alla metà del XIX secolo e serviva in particolare ai lavoratori del carbone per raggiungere i diversi paesi circostanti).
La Storia
Due sono le ipotesi più attendibili sulla fondazione dell’abitato: la presenza di un insediamento italico nell’età del ferro (I millennio a.C.) e la colonizzazione da parte di profughi di Taureana, di Metauro e di Scunno che, per proteggersi dalle incursioni saracene del X secolo d.C., si rifugiarono presso le mura del Monastero Basiliano che allora sorgeva in quei luoghi.
In passato, nella cittadina erano molto diffuse le coltivazioni della vite, del gelso, degli agrumi, del grano germano nonché la produzione di legname, tanto da far sembrare il paese un giardino di malve: pertanto l’origine del toponimo “Molochio” è ormai ritenuta essere la voce greca mologhíon, malva.
Molochio fu Casale del Ducato di Terranova, che nel ‘600 era il centro emergente di una vasta signoria – comprendente l’ampia zona racchiusa tra il Marro-Petrace e il Vacale ed estesa, sul lato Tirrenico, dalle vicinanze di Gioia al largo di Rosarno. Entro quest’area erano sistemati i numerosi Casali del ducato: S.Martino, Rizziconi, Iatrinoli, Radicena, Casalnuovo (poi Cittanova), Scroforio, Galatoni, Molochio e Molochiello, accanto ad altri piccoli centri rurali come S. Leo, Vatoni, Bracali, Cristò, Carbonaria. In questo territorio boschivo, adibito un tempo a pascoli, si svilupparono in epoca signorile ampie colture cerealicole e vennero incrementate le produzioni di lino, canapa e gelso, oltre alla viticoltura.
Il paese passò dopo in mano ai Sanseverino, ai Sant’Angelo, ai Caracciolo e ai Correale, fino al 1558, anno in cui il ducato fu venduto ai de Marini di Genova, per poi essere acquistato dai Grimaldi, che scelsero invece di elevare Gerace a sede del principato. Subito dopo l’ordinamento amministrativo francese rese il paese una frazione di Oppido. Nel 1811 gli venne assegnato il nome di Molochiello: era questo l’appellativo che, prima del terremoto del febbraio 1783 e del Flagello (l’epidemia che ne seguì), stava a indicare Molochio Inferiore, dove si trovavano le Chiese di S. Marco, S. Stefano e S. Sebastiano – di cui nulla è rimasto – e la statua di S. Nicola di Moloi Minor, oggi malamente deturpata.
Arte e cultura
Monumenti e luoghi d'interesse
Inaugurato nel 1901, è il primo Santuario in Italia dedicato alla Madonna di Lourdes. La sua costruzione iniziò nel 1890 per volere di padre Francesco Maria Zagari, un frate cappuccino che si recò in pellegrinaggio a Lourdes poco tempo dopo le apparizioni della Madonna. Lui stesso, dopo l’inizio dei lavori, si recò a Parigi alla ricerca di una statua della vergine da portare a Molochio e vi riuscì, grazie alla generosità della Terziaria francescana suor Maria Probech Schlestadt, che gli fece dono di una bellissima statua lignea da collocare nel Santuario. Tale statua raffigurava l’Immacolata Concezione (dogma di fede riconosciuto da Pio IX nel 1854, quattro anni prima che la Madonna apparisse a Santa Bernadette Soubirous). Il 14 settembre 1901, esaltazione della S. Croce, il Cardinale Gaetano Portanova, Arcivescovo di Reggio Calabria, benedisse il nuovo Santuario divenendone protettore. La devozione popolare verso la prodigiosa Immagine, nonché i personaggi e gli eventi che interessarono il Convento sono stati narrati da Padre Silvestro Morabito di Taurianova (1929-2005) nel libro Alle falde del Trepitò. Accanto al Santuario si trova un centro per pellegrini chiamato "La casa del pellegrino".
Piccola chiesa edificata nel XVII secolo a opera di don Giuseppe Palermo, non più agibile da circa dieci anni per via di severi danni al soffitto. La “Chiesa Vecchia” recava dei meravigliosi lavori in stucco realizzati dagli artisti Francesco e Vincenzo Morani da Polistena, mai restaurati. Verosimilmente i loro bozzetti per San Vito sarebbero serviti come base per la costruzione di altre chiese. San Vito, pur vertendo in uno stato disastroso, è attualmente il bene più antico che Molochio possiede. Recenti studi hanno però visto emergere delle meraviglie dal suo interno, fra cui delle sculture. La paternità di queste opere è sconosciuta. Don Vincenzo Tropeano afferma che a realizzare le statue sia stato Vincenzo Basile.
Il progetto architettonico del napoletano Francesco Saponieri, approvato nel 1844, è in linea con il Neoclassicismo, con una pianta rettangolare ad una sola navata con una grande abside centrale.
Nel 1908 parte della costruzione rovinò sotto le scosse del sisma di Messina e fu scelto di eliminarne la parte superiore. Questo secondo restauro, che non fu dei migliori, terminò nel 1921.
Pilastro quadrangolare rivestito sulle quattro facce da lastre: su quella laterale destra sono elencati quarantuno caduti della prima guerra mondiale e su quelle laterale e posteriore, trentaquattro caduti della seconda; sul prospetto frontale in alto vi è un'iscrizione dedicatoria ed in basso un bassorilievo raffigurante un fante che porta la bandiera.
La scultura, realizzata in marmo con bassorilievi in bronzo dall'artista Giuseppe Gattuso, oltre ad onorare il ricordo dei cittadini molochiesi caduti sul lavoro, vuole essere un monito affinchè venga sempre tenuto alto il livello di attenzione di tutti rispetto al tema della sicurezza sul lavoro.
In un angolo delle due grandi piazze attigue del centro storico di Molochio, dedicate a Vittorio Emanuele III ed a Mons. G. Quattrone, si possono ammirare le Fontane Camillo e Bernardo. Queste ultime presentano due statue in pietra, costruite negli anni cinquanta. Si tratta di due giovani eroi mitologici, a grandezza naturale, genuflessi, che soffiano in un otre da cui sgorga l'acqua che confluisce in una vasca circolare. Il popolo chiama i Camilli entrambe le fontane.
Itinerari nella natura
Il circondario di Molochio offre la possibilità di esplorare luoghi naturalistici incontaminati. Tra di essi ricordiamo il villaggio Trepitò e le cascate. All’interno del Parco Nazionale d’Aspromonte, superando la vallata del torrente Barvi si raggiungono la cascata, Mundu, alta ben 40 mt. il cui nome deriva dal grecanico e significa "nudo", e Galasìa e significa “rovina, burrone”. Questa cascata, tra le più suggestive d’Aspromonte, ha la forma di un velo di sposa. Il paesaggio è caratterizzato da una ricca vegetazione composta da querce, lecci, faggi, grosse liane di vitalba e da rare varietà di felci tra le quali la felce gigante bulbifera, meglio conosciuta come "Woodwardia radicans", la cui fronda può raggiungere anche i tre metri di altezza e le cui origini risalgono alla preistoria.
Queste cascate si trovano a pochi chilometri dalla dorsale aspromontana, dove transita anche la Ciclovia dei Parchi della Calabria. L’area offre un trekking breve ma impegnativo, all’interno di un vallone ripido e scosceso, da affrontare con attenzione.