Candidoni (pronuncia Candìdoni, dal greco antico Anthedòn, Ανθηδών) è un comune italiano di 418 abitanti della Città Metropolitana di Reggio Calabria.
Candidoni è un piccolo paese, anzi il più piccolo, della Provincia di Reggio Calabria, che nel corso degli anni è andato diminuendo nel numero di abitanti. Come tutti i piccoli centri rurali della nostra zona ha sofferto l’emigrazione sin dalla fine dell’800.
Esistono, a comprova, atti di persone nate in america, figli di candidonesi, già nei primi anni del 900, fino alle più recenti ondate di emigrazioni che hanno interessato il meridione d’Italia, negli anni 50, 60 e 70, continuando, inesorabile, anche in tempi recentissimi.
Candidoni sorge nell’entroterra tirrenico calabrese, a soli 240 metri s.l.m., attraversato dalla S.S. 536, oggi SP 4; confina a sud con Laureana di Borrello e a Nord con Serrata. Volgendo lo sguardo a valle si ammira l’azzurro del mare dettare l’orizzonte con il sole che macchia di rosso il Monte Poro. A pochi minuti la quiete delle Serre con i faggeti, la frescura, la pace. Candidoni è stato qui riedificato a seguito del grande terremoto del 1783 che non vide più la riedificazione di Borrello, del quale, Candidoni era casale. Il sisma, che sconvolse tutta la Calabria, per il piccolo centro fu catastrofico, come ci viene descritto dal reverendo Pignataro, volendo lasciare memoria degli avvenimenti, il quale riprese le sue annotazioni nel registro dei morti:” Quale terremoto durò quattro anni circa, e per uno la maggior parte di questo paese abissò sotto logore tavole. I patimenti sofferti io non mi fido spiegarli giacchè scrivo colle lacrime agli occhi; chi ha prudenza le può comprendere. Sia di memoria a’ posteri”. Vincen’Antonio Arciprete Pignataro.
Informazioni:
Sito istituzionale:
www.comune.candidoni.rc.it
La Storia
Candìdoni, piccolo Comune ai confini con la provincia di Vibo Valentia dal lato tirrenico, potrebbe avere origini elleniche.
Secondo la leggenda, infatti, l’avrebbe fondato un nobile guerriero di nome Kandidus, sfuggito alla distruzione di Medma – la città magnogreca dai bei cavalli.
Per altri il nome si riferisce alla discendenza di un certo Candido che forse fu proprietario del terreno su cui sorse l’abitato.
Storicamente si può supporre che il paese sia sorto verso l’anno mille come Casale di Borrello per opera di Normanni.
Nel 1054 esso figura acquistato da Unfredo che poi lo cedette al fratello Roberto, duca di Calabria.
Sotto gli Angioini passò alla Signoria del nobile Gualtiero Appard fino al 1277. Morto questi, la contea di Borrello e i relativi casali vissero un periodo nefasto perché incamerati dalla Corte di Carlo d’Angiò che, dopo il possesso di vari nobili, li assegnò a Tommaso D’Argot.
Le terre furono, in seguito, infeudate a Ruggero di Lauria e ai suoi discendenti, prima che ai Sanseverino (fino al 1401).
Le sorti del paese mutarono durante la dominazione Aragonese.
Nel 1449 fu ceduto a Giovanni d’Alagno e nel 1479, con gli altri feudi, al conte Arcamone Agnello dietro pagamento di 80.000 ducati. Avendo, però, questi partecipato alla congiura dei Baroni, tutto tornò sotto il dominio diretto del sovrano. La forte pressione fiscale e le ingiustizie, ancora una volta, resero difficile la vita della povera gente, difesa coraggiosamente da San Francesco di Paola.
Nel 1487 la contea di Borrello fu ceduta a Ludovico Maria Sforza (il Moro) e quindi a Isabella d’Aragona e ad Ettore Pignatelli e la sua famiglia che la mantennero fino all’eversione feudale nel 1806. Il regime francese, con decreto del 1807, fece di Candidoni un Luogo, nel Governo di Laureana.
Rimane in questa giurisdizione fino al 1811, quando venne riconosciuto Comune autonomo.
Arte e cultura
Monumenti e luoghi d'interesse
Grazie alla operosità del popolo, nel 1793, veniva consegnata al culto la nuova chiesa parrocchiale dedicata a San Nicola che è, oggi, una delle chiese più vecchie della Piana di Gioia Tauro ed è anche una delle più ricche di opere d’ arte.
Si veda l’altare marmoreo d’imponente maestosità, le due grandi statue raffiguranti Pietro e Paolo e le numerose statue lignee ed arredi risalenti ai secoli XVII-XVIII.
Oggi, dopo circa 20 anni dall'ultimo intervento, la chiesa trova l'antico splendore, grazie all'opera di restauro generale a cura della curia vescovile di Oppido-Palmi sotto la direzione dell'Ing. Paolo Martino. La riapertura al culto, dopo circa due anni, è avvenuta il 27 Marzo 2005 alla presenza di S.E. Luciano Bux che ha officiato la Santa Messa