Scilla (anticamente U Scigghju in Reggino) è un comune italiano di 4.629 abitanti della Provincia di Reggio Calabria. E’ una rinomata località turistica situata su un promontorio all’ingresso settentrionale dello stretto di Messina. Dal 4 gennaio 2020 è gemellata con Canzo.
Informazioni:
Sito istituzionale:
scilla.asmenet.it
Geografia fisica
Scilla è situata sull’omonima punta, che sorge 22 Km a nord del capoluogo: il Promontorio Scillèo, proteso sullo Stretto di Messina, che anticamente veniva infatti denominato Stretto di Scilla.
Origini del nome
Il toponimo scylla (“cagna”) richiama un misterioso mostro che sarebbe il responsabile di tempeste scatenatasi sul mare che determinarono la fine di molti naufraghi. Descritta da Strabone come uno scoglio simile a un’isola, Scilla mantiene tutt’ora i tratti di questo paesaggio. I suoi pochi abitanti furono degli abili navigatori e conoscitori delle rotte, notizia questa confermata da San Girolamo.
Arte e cultura
Storia
Le origini sono antichissime, confuse tra mitologia, storia, leggenda e poetiche immagini alimentate per millenni dalla suggestività dell’ambiente naturale.
Mitologia e filologia
Secondo la mitologia greca, Scilla era una ninfa marina che per gelosia fu trasformata da Circe in un mostro mentre faceva il bagno in una caletta presso Zancle (l’odierna Messina); al posto delle gambe ebbe sei teste di cane che latravano, e lunghe code di serpente. La storia è raccontata nell’Odissea e nelle Metamorfosi di Ovidio. Per chi però non s’accontentasse delle narrazioni mitologiche, ecco un’interessante ipotesi filologica delle origini sia dei nomi sia del mito di Scilla e Cariddi.
Nell’antichità, a causa delle tenuità e precarietà dell’informazione, spesso accadeva che voci e dicerie col passare dei secoli si accrescessero (fama crescit eundo, dicevano infatti i latini, o anche rumor multa fingit) fino a perdere il loro originario significato, talvolta addirittura trasfigurandosi in mitologia; quella della pericolosità della navigazione all’imboccatura settentrionale dello stretto di Messina, ossia in corrispondenza del paesaggio tra la penisoletta di Scilla in Calabria e il capo siciliano di Cariddi, pericolosità considerata tale da arrivarsi addirittura a far derivare questi nomi da quelli di due mitologici spaventosi mostri divoratori di naviganti, in verità non corrisponde per nulla alla realtà delle cose non essendoci infatti alcuna evidenza storica che ci confermi un particolare rischio nell’affrontare quel passaggio marittimo mediterraneo, il quale inoltre non fu nemmeno mai universalmente riconosciuto come rischioso quanto lo furono invece quello di Capo Horn, quello di Buona Speranza e quello di Agulhas, passaggi questi ancor oggi battuti da violenti venti e possenti correnti oceaniche. Da dove nasceva allora questa paurosa fama di Scilla e Cariddi ? Probabilmente una certa pericolosità per le piccole e leggere imbarcazioni antiche doveva esserci, ma questo evidentemente prima che i frequenti e devastanti terremoti e maremoti succedutisi nel corso del tempo in quella sfortunata zona ne avessero sicuramente mutato la geografia sottomarina.
Il primo a parlarci di Scilla e Cariddi come mitici mostri sanguinari fu Omero nella sua Odissea, poema a cui poi tanti antichi scrittori si rifecero data l’autorevolezza della fonte. Nacque pertanto più tardi il detto: “Incappa in Scilla volendo evitare Cariddi” (Incidit in Scillam, cupiens evitare Charybdim) per significare “cadere dalla padella nella brace”; ma in realtà (Schille) nome greco calabrese, e Caridi nome greco siciliano, avevano lo stesso significato, trattandosi infatti di due dei tanti nomi che allora nel Mediterraneo si davano ai gamberetti; un altro per esempio era palinuri, ma questo si usava più a nord, cioè per indicare quei crostacei che si potevano trovare e pescare appunto a Capo Palinuro (per inciso, anche questo nome poi fu mitizzato).
Molto probabilmente dunque essere tra Scilla e Cariddi non significò in origine trovarsi tra due pericoli di pari gravità, come più tardi invece si fraintese, ma volle semplicemente “dire se non è zuppa è pan bagnato”, cioè è inutile che tu te ne stia a riflettere se far sosta a Scilla o a Cariddi, tanto sempre gamberetti dovrai mangiare. E dovevano essere anche crostacei molto buoni perchè Il Suida narra che il famoso buongustaio romano Apicio, autore di un ricettario di cucina vissuto tra il I° secolo a.C. e I° secolo d.C., era talmente ghiotto di gamberi, gamberetti e astachi che girava il Mediterraneo su una nave recandosi e fermandosi là dove c’era fama che si trovassero i migliori crostacei; e proprio per questo motivo fu costretto a soggiornare per qualche tempo a Minturno nel Lazio, perchè ne aveva fatto proprio là scorpacciate tanto smodate da restarne ammalato. Suida, Lexicon, graece et latine. T.3. p.266. Halle e Brunswick, 1705.
Secondo Palifato, Polibio e Strabone, il primo nucleo abitato di Scilla risalirebbe ai tempi della guerra di Troia. In questa remota epoca si è soliti riconoscere nella penisola italica ondate di migrazioni di popolazioni ibero-liguri provenienti dal mare e dirette verso sud. Si ritiene dunque che tali popolazioni potrebbero aver fondato qualche villaggio lungo i terrazzamenti più bassi del crinale aspromontano sud-occidentale, digradante verso lo Stretto. Trattandosi di popoli di pescatori, presumibilmente elessero come area d’insediamento il sito adiacente la rupe centrale di Scilla, dove la presenza dei numerosissimi scogli agevolava la pratica della pesca, consentendo al tempo stesso la costruzione delle rudimentali capanne. Tale ipotesi è in parte avvalorata dallo stesso Omero allorquando, nel descrivere Crataia come madre di Scilla, lascia intendere l’esistenza di uno stretto legame tra questa e la nascita del mito del Monstruum Scylaeum, da intendersi sorto ancora alla prima frequentazione umana del tratto di mare antistante l’odierna cittadina.
Dal momento che Crataia è da più parti identificata con il vicino torrente Favazzina, ancora ai tempi del Barrio chiamato fiume dei pesci, se ne potrebbe dedurre che gruppi di popoli dediti alla pesca, giunti via mare lungo la bassa costa tirrenica, inizialmente siano approdati alla foce di questo fiume, dove era agevole praticare l’attività, e successivamente si siano spostati più a sud, trasferendo la propria residenza presso la costa scillese, più ricca di pesci.
Scilla nella storia...
In mancanza di precedenti testimonianze attendibili circa le epoche più remote, si è propensi a far risalire la prima fortificazione di Scilla agli inizi del V secolo a.C., allorquando durante la tirannide di Anassilao la città di Reggio raggiunse una notevole importanza, che le permise di ostacolare per oltre due secoli l'ascesa di potenze rivali. Strabone racconta che nel 493 a.C. il tiranno di Reggio, Anassila il giovane, per porre fine alle reiterate razzie perpetrate dai pirati tirreni a danno dei commerci aperti dalla città con le colonie tirreniche, avesse mosso contro di loro con un forte esercito, sconfiggendo e scacciando i pirati da queste terre. Per i Tirreni gli innumerevoli scogli e l'alta rocca caratterizzanti la costa scillese costituivano un rifugio naturale ideale, luogo inaccessibile da cui dirigere redditizie scorrerie lungo le coste, nascondiglio sicuro per il bottino e baluardo di difesa contro eventuali controffensive nemiche. Presumibilmente sorsero quindi contrasti e lotte tra i primi marinai e pescatori che avevano occupato la zona e i pirati Tirreni, alla cui bellicosità forse si deve attribuire la causa dell'arretramento dal mare dei pescatori, ostacolati dai nella pratica su cui basavano il proprio sostentamento. Ciò spiegherebbe il trasferimento di residenza verso la zona alta di Scilla - l'attuale quartiere di San Giorgio - attuato da queste genti marinare, che si trasformano in agricoltori e cacciatori e mantengono poi attive le nuove pratiche fino all'età moderna. Espertissimi nella navigazione, i Tirreni avevano dominato a lungo da incontrastati padroni le rotte del Mediterraneo, esercitando il proprio predominio soprattutto nello stretto, grazie al presidio posto sulla rupe scillese, all'imboccatura del canale, presumibilmente fortificato. Più tardi però questi vennero sconfitti dai reggini, vittoria questa che segna un momento significativo nella storia di Scilla, considerata da Anassila un importante avamposto di controllo sulle rotte marittime. Mentre si assicura il dominio sul territorio circostante inglobando una nuova sezione del Chersoneso reggino, al tempo stesso Anassila ha cura di realizzare una stazione delle navi a Punta Paci, ordinando la costruzione di un porto dotato di un agguerrito presidio militare. L'opera di fortificazione dell'alto scoglio fu portata a termine dai successivi tiranni reggini, spesso impegnati in scontri con i pirati che combattono avvalendosi del porto fortificato appositamente costruito a Monacena, verso Punta Paci, in un luogo inaccessibile dal lato opposto allo scoglio. Baluardo della sicurezza dei reggini, la fortificazione di Scilla dotata di approdo è di fondamentale importanza agli effetti del felice esito della guerra contro la pirateria, consentendo ai tiranni, di Reggio di opporre per lungo tempo una valida resistenza contro gli attacchi di nuovi nemici e contro i continui tentativi di rivalsa dei Tirreni sconfitti. Agli inizi del III° secolo a.C., dopo la presa di Reggio ad opera del tiranno di Siracusa Dionisio I, che nel 386 a.C. aveva distrutto la flotta navale della città di stanza a Lipari e nel porto di Scilla, i pirati tirreni tornarono ad essere audaci e si reinsediarono sul promontorio scillese, dove ripresero a dedicarsi alla pirateria avvalendosi del preesistente porto fortificato fino a quando, nel 344 a.C., il prode Timoleonte di Corinto riuscì a sconfiggerli definitivamente. Per quanto riguarda la successiva storia della fortificazione dell'imponente scoglio di Scilla, si ha testimonianza di come essa coincida con la storia delle vicende che hanno caratterizzato il reggino all'indomani della tirannide siracusana.
In tarda età magnogreca lo scoglio scillese è una fortezza, conosciuta come Oppidum Scyllaem, successivamente potenziata nelle sue strutture militari durante l'età romana, allorquando porto ed oppidum costituiscono un funzionale ed efficiente sistema di difesa per i nuovi dominatori del Mediterraneo.
Alla fine del II° secolo a.C., durante le guerre condotte dai Romani contro i Tarantini sostenuti da Pirro, e in particolare durante la prima e la seconda guerra punica, i Cartaginesi che avevano stretto alleanza con i Brutti e circolavano liberamente lungo le coste reggine, furono fermati nella loro ascesa proprio grazie alla strenua resistenza opposta loro dalla fortificata città di Scilla, alleata di Roma. L'importanza della Scilla latina comincio a decadere all'indomani della conquista romana delle terre siciliane quando, dopo Reggio e Siracusa, Messina assurse al ruolo di nuovo caposaldo per il controllo dello Stretto. Pur tuttavia Scilla, posta all'imbocco settentrionale del canale, continuò a costituire un'importante tappa d'approdo lungo la costa tirrenica continentale, tant'è che nel 73 a.C., durante la guerra condotta dai romani contro gli schiavi, la cittadina sembra essere stata prescelta da Spartaco, a capo dei ribelli, per accamparsi in attesa di poter attraversare lo Stretto. La fuga in Sicilia, progettata dagli schiavi ribelli con il ricorso a zattere costruite col legno di castagno estratto dai boschi scillesi, non ebbe tuttavia alcun esito a causa della presenza lungo lo Stretto delle minacciose navi pompeiane. Successivamente il tratto di mare antistante la cittadina fu teatro degli avvenimenti che segnarono l'ultimo scontro tra Pompeo e l'annata dei Triumviri, conclusosi nel 42 a.C. con la disfatta del primo. In quel frangente il porto di Scilla offrì opportuno rifugio alle navi di Ottaviano pressate dalla flotta di Pompeo, allorquando il futuro Augusto, nel tentativo di rimandare lo scontro finale ad un momento a lui più propizio, colse l'importanza strategica di Scilla e, una volta liberatosi definitivamente dei rivali, decretò l'ulteriore fortificazione del suo porto.
Dopo Ottaviano non sembra che la fortificazione scillese abbia conosciuto nuovi rimaneggiamenti, sebbene la cittadina continui a detenere l'importante ruolo di centro marittimo locale, come testimonia San Gerolamo quando, approdato nel 385 a Scilla durante il suo viaggio verso Gerusalemme, ci ha lasciato testimonianza nel III libro delle sue opere, circa la grande esperienza dei marinai scillesi, capaci di fornirgli consigli assai utili per il buon proseguimento della navigazione. Lo stato di abbandono in cui sembra trovarsi la fortezza di Scilla in tarda età romana, presumibilmente, dipende dal localizzarsi la stessa al di fuori degli itinerari terrestri percorsi dai barbari, durante le loro invasioni nel sud della penisola. Costoro, infatti, nel loro "calare" a sud, utilizzano i tracciati viari romani rimasti agibili in quell'epoca di decadenza. Scilla, che non era allacciata alla via Popilia, unica strada consolare esistente lungo la costa tirrenica, rimane dunque estranea ai fatti essenziali del tempo. Difatti la Via Consolare Popilia, nel tratto più meridionale del suo percorso non bordeggiava la costa, bensì risaliva verso l'interno passando per Solano e, superate le Grotte di Tremusa, raggiungeva la statio ai Piani della Melia, dirigendosi poi verso Cannitello, <<ad Fretum>>, senza ripiegare verso Scilla.
Ai primi monaci basiliani gli storici attribuiscono la fondazione del Monastero e della chiesa di San Pancrazio, tra l'VIII e il IX secolo d.C., fortificati per volontà della stessa Bisanzio, che aveva affidato ai Padri il compito di difesa delle coste dello stretto.
Il terremoto, del 1783 rappresenta uno spartiacque nella storia di Scilla per la particolarità con la quale si abbattè sulla cittadina e anche perchè rappresentò la fine di uno sviluppo economico che Scilla ebbe lungo tutto il settecento. Il successivo terremoto del 1908 costò a Scilla ed anche a Messina migliaia di morti. Gli scillesi per sfuggire ai violenti movimenti tellurici dopo il crollo delle loro abitazioni si riversarono sulla spiaggia pensando di essere al sicuro ma un violento maremoto si abbattè sulla spiaggia travolgendoli e finendo così di decimare la popolazione. In tempi più recenti, parallelamente alla emigrazione verso il Nord Italia, tipica della zona, vi fu un certo fermento culturale.
Monumenti e luoghi d'interesse
Ritrovamenti archeologici
Tracce dei resti dell’antico porto, oggi scomparse a causa delle violente tempeste e delle fortissime correnti marine, furono rinvenute ancora nel XVIII secolo a seguito delle ricerche in tal senso effettuate dallo studioso locale Rocco Bovi.
Castello dei Ruffo
L’imponente Castello dei Ruffo è posto sulla “rocca di Scilla” che sovrasta a sud il quartiere di “Marina Grande” e a nord il pittoresco quartiere dei pescatori di Chianalea con le case costruite sugli scogli. Di origine normanna o sveva è, senza dubbio, il monumento più importante di Scilla.
Originariamente questa costruzione fu voluta per scopi difensivi, finché nel 1532 il conte Paolo Ruffo non decise di trasformare questo austero castello in una residenza.
Oggi il castello ospita convegni, mostre e conferenze, inoltre permette di godere di un panorama meraviglioso, facendo spaziare lo sguardo fino alle coste siciliane e alle Isole Eolie.
Quartieri
Il centro storico di Scilla è denominato "San Giorgio," e si sviluppa intorno alla Piazza San Rocco, nella quale hanno sede, fra l'altro, la chiesa di San Rocco, patrono di Scilla, e il palazzo comunale.
La Piazza San Rocco è costituita da un vasto terrazzamento costruito su un costone di roccia, e si affaccia a strapiombo sul panorama dello Stretto di Messina. Lo sguardo abbraccia Punta Paci (che delimita l'estremità meridionale dell'area di Scilla), la Sicilia (in particolare Ganzirri e, nelle giornate terse, Capo Milazzo), in lontananza alcune delle Isole Eolie (Lipari, Panarea e Stromboli), e il Castello Ruffo. Il centro storico comprende l'antico abitato di Bastia contraddistinto dalle basse casette affacciate sui caratteristici vicoli. Alcuni elementi architettonici dello stile locale originario restano visibili nelle costruzioni oggi esistenti, fra i quali il caratteristico arco ribassato e la tipica finestrella di forma circolare.
Chianalea (a Chjanalèa) ossia Piana delle Galee, nome di un'antica imbarcazione ovvero sinonimo arcaico di pescespada. Zona costiera situata sul versante settentrionale della scogliera che ospita il Castello che la divide da Marina Grande. Chianalea offre solo pochi metri di spiaggia essendo quasi tutta la sua costa costituita da scogli e rocce che rendono pericoloso e difficile entrare in acqua. Tutta Chianalea è percorsa da un'antica strada che la connette da un lato con il porto e dall'altro con la SS18. Elemento piacevole della zona è il grande numero di case costruite quasi tutte a ridosso del mare, che le hanno valso il soprannome di "piccola Venezia del Sud". Si colloca infine a metà tra Marina Grande e Chianalea il già menzionato porto che ospita barche da pesca e, durante il periodo estivo, piccole e medie imbarcazioni da diporto. Chianalea è inserito nella lista de I borghi più belli d'Italia ed è stato segnalato dalla CNN come uno dei 20 paesi più belli d'Italia.
Da vedere la Chiesa di San Giuseppe, piccolissima con i suoi 100 posti a sedere che un tempo rappresentava la cappella del Convento dei Crociferi. Il rito al Santo risale al Settecento, quando il sacerdote Giuseppe Bova fece costruire un altare dedicato a San Giuseppe. Ancora oggi il rito viene celebrato ogni anno nel tratto di mare tra il porto di Scilla e la spiaggia con una gara di barche, la “riatta”, che termina in di fronte la chiesa.
Lungo i vicoli che portano al mare si possono ammirare il Palazzo Scategna e il Palazzo Zagari, antiche costruzioni nobiliari di grande pregio. Caratteristiche di Chianalea sono le maschere apotropaiche appese sopra le porte delle case. Oggi queste maschere sono per lo più ornamentali, ma un tempo avevano la funzione di allontanare gli spiriti maligni.
Tra le cose da vedere ci sono, inoltre, le antiche fontane e le chiese di San Giuseppe e di S.Maria di Porto Salvo.
Si tratta della zona della spiaggia, delimitata, a sud e a nord, da due imponenti costoni di roccia. Un'altra attrattiva di Marina Grande è la chiesa cinquecentesca dello Spirito Santo, dove si trova il dipinto di Francesco Celebrano La discesa dello Spirito Santo (1779)
Si tratta dell'espansione più recente del centro abitato, si è formata circa trent'anni fa ed è costituita prevalentemente da cooperative, inoltre vi si trova il Campo sportivo comunale. Il quartiere è separato dal centro storico da una piccola zona disabitata e dal cimitero. Zona un tempo ricca di vigneti, in tempi recenti vi sono stati costruiti molti condomini.
Sono inoltre frazioni del comune di Scilla separate dai quattro quartieri del capoluogo:
- Favazzina, situata sulla costa tirrenica, a pochissimi chilometri a nord del capoluogo comunale, è una piccola e accogliente stazione balneare.
- Melia, in cui sono fiorenti l'agricoltura e l'allevamento, è situata a circa 800 m d'altezza. in una posizione ideale per la vicinanza al mare di Scilla (circa 15 minuti in auto), ed agli stabilimenti montani di Gambarie.
- Solano Superiore, situata alle pendici dell'Aspromonte, è molto apprezzata per la mitezza del clima durante il periodo estivo. E' contigua a Solano Inferiore, frazione del comune di Bagnara Calabra. Apprezzata per la coltivazione delle patate e per l'allevamento dei maiali e delle capre.
Economia
Una delle principali attività cui era dedita la popolazione, fino a qualche anno fa, era la pesca che trovava la sua più alta espressione nella “caccia” al pescespada (pesca tradizionale) condotta con il lontre, una speciale barca a remi usata fino agli anni cinquanta, e successivamente con la passerella, una speciale barca a motore con una lunga passerella a prua e un’alta antenna centrale, detta falere, che serve per rilevare la presenza del pesce. Questa attività ha rivestito un importante ruolo nell’organizzazione sociale di Scilla. Prevedeva un uso dello spazio che rispondeva a delle regole ben precise per evitare conflitti e lo sfruttamento del mare. E’ importante notare come l’organizzazione del lavoro di molti pescatori fosse legato ad una profonda etica, che faceva si che nutrissero un profondo rispetto dell’ambiente. L’attenzione verso quest’ultimo era così alta che i pescatori erano non a caso definiti “guardiani del mare”.
La pesca, inoltre, riguardava non solo la sfera economica ma soprattutto quella culturale, sociale, e politica, dal momento che implicava relazioni sociali e strutture che regolavano la vita di tutti.
Altra attività sempre in crescita è il turismo, attraendo Scilla per il mare, le spiagge, l’offerta di ristorazione, le bellezze naturali e le opere architettoniche.