Bova chiamata anche Bova Superiore per distinguerla dalla limitrofa Bova Marina, è un comune italiano di 397 abitanti della Città Metropolitana di Reggio Calabria, ed inserito nel circuito dei borghi più belli d’Italia.
Il piccolo paese è considerato capitale culturale della Bovesia, quindi della cultura greca di Calabria, la cui comunità complessivamente conta circa 13000 abitanti, dislocati nei comuni dell’area grecanica.
Quasi tutte le contrade sono caratterizzate da nomi di derivazione greca: Luppari – Cavalli – Brigha – Bucissà – Caloghiero – Milì – San Giovanni – Campo, Polemo – Aio – Leo- Manduddhuru, Verceu ecc.
Origini del nome
In greco è chiamato Boos ed in dialetto Vua. Potrebbe essere una forma latinizzata del termine greco boua (gregge) da bous (bue). Secondo alcuni il nome deriva dal greco medievale boua, fossa da grano.
Informazioni:
Sito istituzionale:
www.comune.bova.rc.it
Territorio
Il paese di Bova è arroccato sul versante orientale dell’Aspromonte a 915 m s.l.m. ed occupa una superficie territoriale comunale di 46,74 km². L’accesso all’alto Aspromonte è assicurato passando per Bova che si raggiunge percorrendo i 9 km che lo separano da Bova Marina grazie ad una nuovissima strada a scorrimento veloce. Da Bova si possono raggiungere anche Roghudi Vecchio, Roccaforte del Greco (Area Ellenofona della Calabria) e via Melito Porto Salvo, a 10 km risalendo per circa 50 km verso Gambarie d’Aspromonte sulla SS 183.
La Storia
Antichità
Bova ha origini molto antiche come testimoniano rinvenimenti di armi silicee dell’epoca neolitica, ritrovate numerose nel territorio. Anche dentro l’abitato, nel perimetro del castello, furono rinvenute schegge di ossidiana, attestanti il commercio primitivo che gli abitanti delle Isole Eolie intrattenevano con i popoli vicini a partire dal IV millennio a.C.
Pertanto le rocche del castello ospitarono sicuramente un insediamento umano di età preistorica.
E ancora i numerosi frammenti vascolari, con disegni a meandro, ad impasto lucido nero, di fattura certamente greca, del primo periodo di colonizzazione, comprovano l’antica esistenza di abitazioni nella zona del castello e documentano i vari insediamenti umani nel corso dei secoli.
Tra le popolazioni preistoriche che abitavano le rocche e le caverne di Bova vi furono gli Ausoni, dediti soprattutto alla pastorizia, che furono poi assoggettati dai coloni greci.
Epoca Classica
Nei secoli VIII – VI a.C., nell’ambito del vasto movimento migratorio dalla Grecia verso occidente, sorsero lungo la fascia costiera ionica della Calabria numerose colonie greche, l’abitato di Delia (o Deri) fu posto allora in contrada “San Pasquale”, presso la foce di quel torrente.
Secondo la leggenda Bova fu fondata da una regina armena che, sbarcata lungo la costa, sarebbe risalita verso l’interno e fissato la sua residenza sulla cima del colle di Bova, presumibilmente entro le rocche dell’antico castello.
In età greca Bova subì le sorti della politica nelle vicende storiche di conquiste e di guerre tra Reggio, Locri e Siracusa, e fu infine sottoposta alla tirannide di quest’ultima.
Con la vittoria di Roma sui Cartaginesi le terre dei locresi furono sottomesse dai romani, Bova comunque poté godere della cittadinanza romana, ma la tranquillità durò poco; infatti essendo il paese troppo esposto verso il mare vicino Capo Spartivento, subì le frequenti incursioni barbariche.
Nel 440 infatti I Vandali sbarcarono sulle coste lucane e bruzie devastando e saccheggiando le città marittime; dopo aver occupato la Sicilia organizzarono scorrerie in Calabria e gli abitanti del litorale per sfuggire alle devastazioni si rifugiarono sui monti, in luoghi più sicuri ed inespugnabili. Fu questo quindi il motivo che spinse gli abitanti di Delia a fondare la città di Bova.
Medioevo
Dal IX secolo Bova era continuamente assediata dai Saraceni: i pirati, provenienti dalla Sicilia, erano giunti intorno all’anno 829 dall’Africa e dalla Spagna, approdavano a Capo Spartivento e spesso, per avversità atmosferiche, erano costretti a fermarsi; non trovando alcuna resistenza saccheggiarono e devastarono il territorio di Bova.
Uno dei più disastrosi assalti saraceni fu quello del 953, anno in cui Bova subì per ordine diretto dell’Emiro di Sicilia Hassan Ibu-Alì. L’attacco di sorpresa causò la strage di molti abitanti, mentre i più furono mandati schiavi in Africa.
E ancora nel 1075 gli Arabi, sbarcando alla marina di Bruzzano, occuparono parte della Calabria ed anche Bova fu sottoposta a stretto assedio.
In città si accedeva attraverso due porte turrite, porta Ajo Marini e l’altra ubicata nei pressi della Cattedrale. L’acropoli della città di Bova era costituita dall’antica Cattedrale, il Palazzo Vescovile e le case delle famiglie più ricche e nobili, fuori le mura esistevano i due borghi: Borgo di Rao e Borgo Sant’Antonio, con tre torri difensive poste una di seguito all’altra, di una sola delle quali, oggi restano i ruderi.
Con la dominazione normanna Bova entrò nel periodo feudale. All’età laico-normanna seguì il feudalesimo ecclesiastico-svevo e Bova fu infeudata all’Arcivescovo di Reggio, che la tenne con il titolo di Conte fino al 1806, anno dell’eversione della feudalità.
Età moderna
Bova fu antichissima sede vescovile: il primo vescovo sarebbe stato ordinato nel I secolo da Santo Stefano di Nicea, vescovo di Reggio, e seguì il rito greco introdotto in Calabria dai monaci basiliani fino al 1572, anno in cui l’arcivescovo Cipriota Stauriano impose il rito latino.
Nel 1577 una tremenda pestilenza colpì il paese: era approdato alla marina un naviglio carico di merci e una donna acquistò dei drappi preziosi, che espose alla finestra per la festa del Corpus Domini, ma che purtroppo erano tessuti infetti da peste. A causa del caldo, il morbo si diffuse e colpì molti cittadini; la notizia dell’epidemia si sparse subito nei paesi vicini e Bova fu isolata. Si fermò ogni genere di commercio ; tale isolamento originò anche una forte carestia e la morte di moltissimi abitanti.
Nel corso del XVI secolo si ebbe un risveglio dell’attività predatrice dei turchi contro l’Italia meridionale e ne derivò la necessità di apprestarsi alla difesa; fu infatti realizzata una linea di torri di guardia lungo tutto il litorale calabrese; nel territorio costiero di Bova esisteva già a quel tempo la Torre di “San Giovanni d’Avalos” posta sul Capo Crisafi, furono quindi costruite Torre Vivo, completamente smantellata nel 1700, e Torre Varata.
Si ha notizia di molte incursioni turchesche nel territorio di Bova, nel alla marina di Bova si erano rifugiate due tartane cristiane per sfuggire all’inseguimento di un naviglio turco, l’equipaggio chiese aiuto ai bovesi e il governatore della città, alla guida di un numeroso stuolo di cittadini, scese alla marina. La battaglia durò molte ore e i turchi rimasero uccisi sulla spiaggia ed il piccolo esercito bovese riuscì a mettere in fuga le loro navi.
Il terremoto del 1783 provocò a Bova notevoli danni valutati per cinquantamila ducati.
Nel gennaio 1799 nacque la Repubblica napoletana, ma non tutto lo stato napoletano ne fece parte, infatti l’estrema provincia di Reggio, Bova compresa, rimase sotto il governo dei Borboni.
Nel febbraio 1799 il cardinale Ruffo sbarcò in Calabria alla riconquista del regno e fu agevole in tale zona l’organizzazione delle bande che accorrevano ai suoi ordini. Uno dei primi paesi che rispose al suo appello fu Bova, dove si costituì una grossa banda di Sanfedisti che mosse verso Reggio incorporandosi alle truppe del cardinale.
Oltre alle catastrofi naturali, Bova subì nel 1943, durante l’ultimo conflitto mondiale un grave bombardamento da parte degli angloamericani, che danneggiò notevolmente le strutture abitative; nella strage morirono ventisei cittadini bovesi.
Arte e cultura
Monumenti e luoghi d’interesse
In una piazzetta all’entrata di Bova è collocata un locomotiva a vapore, discretamente conservata, che simboleggia le ferrovie ed i Bovesi che lavorarono come ferrovieri.
Ogni visitatore s’interroga sulle difficoltà per trasportarla fino al borgo: effettivamente in alcuni punti si è dovuto allargare la carreggiata della strada che porta al paese.
Il Sentiero della Civiltà Contadina è un museo all'aperto nel comune di Bova, capitale dell'area grecanica della Calabria, ideato e realizzato da Saverio Micheletta. È un percorso che si snoda nei vicoli dell'antico borgo dove sono stati installati i principali strumenti di lavoro della cultura contadina: macine di mulino ad acqua e a trazione manuale, torchi e presse di frantoio, abbeveratoi per animali, palmenti per pigiare l'uva, torchi per estrarre l'essenza di bergamotto e molti altri oggetti appartenenti all'antica civiltà agricola. I lavori di costruzione del museo sono durati circa un anno: dall'idea iniziale del luglio 2014, ai lavori di recupero degli strumenti, al loro restauro e installazione nel paese, fino all'inaugurazione dell'agosto 2015. Oltre alla determinazione di Saverio Micheletta, il Sentiero ha visto la luce anche grazie ai tanti concittadini che hanno messo a disposizione molti degli oggetti installati, attrezzi abbandonati ormai da decenni nelle loro campagne. Il Sentiero della Civiltà Contadina è un viaggio nella storia personale di un uomo e, allo stesso tempo, nella cultura collettiva di un territorio. È la valorizzazione di un antico borgo che ha resistito nei secoli alle invasioni di popolazioni straniere, alle calamità naturali, agli stravolgimenti della modernità e che continua con fierezza e orgoglio a rappresentare un'eccellenza della Calabria e dell'intero Paese.
- I ruderi del Castello Normanno (X-XI sec.)
Il paese di Bova è dominato dall’alto dalle rovine dell’antico Castello Normanno, risalente al secolo XI e rafforzato in seguito dagli Aragonesi. Gli stretti vicoli di Bova si intersecano sotto il vigile controllo del castello, e si uniscono in un labirinto di suggestivi passaggi dominati dal calore delle pietre e da un’atmosfera sospesa. Passeggiare per le strade del paese è il modo migliore per conoscerne l’essenza e non perderne nemmeno uno scorcio. Tra portali in pietra e saliscendi pittoreschi, Bova è capace di regalare emozioni davvero autentiche.
- Il Museo Civico di Paleontologia e Scienze Naturali dell’Aspromonte
Allestito nei locali dell’ex Pretura, il Museo di Paleontologia e Scienze Naturali dell’Aspromonte, con una superficie complessiva di circa 300 mq , è dotata di diverse sale e di un ampio salone centrale, le cui vetrine espositive si succedono come in un itinerario ideale capace di far percepire ai visitatori il magico fluire del tempo. All’ingresso giganteggiano alcune carte geografiche del Parco Nazionale dell’Aspromonte, nel cui ambito ricade il Comune di Bova, delineando i confini del Parco evidenziando le risorse naturali esistenti. Il museo è un interessante punto di riferimento per ricercatori e appassionati del settore perché in grado di
offrire abbondante materiale di studio specifico della Calabria e di Reggio in particolare.
Il Museo è unico nel Meridione per l’importanza dei reperti che custodisce all’interno delle sale espositive, poiché i ritrovamenti testimoniano importanti momenti della storia evolutiva della Calabria.
La collezione comprende un gran numero di esemplari fossili, circa 15.000, concernenti faune e flore calabresi, utili testimonianze paleogeografiche, di clima, di ambiente che abbracciano un gran lasso di tempo da 100.000 a 120 MA fa. In seguito, la collezione è stata arricchita con reperti provenienti da diverse parti del mondo per far capire l’evoluzione della vita durante le diverse ere.
Il Museo ospita molte scuole alcune delle quali partecipano al laboratorio didattico “Un giorno da paleontologo” che integra il percorso museale per aiutare a comprendere in modo facile i primi fondamenti della paleontologia. Inoltre il Museo accoglie molti gruppi di associazioni e visitatori interessati a conoscere la Calabria ed in particolare l’Aspromonte, dal punto di vista geologico e paleontologico.
- Museo della Lingua Greco-Calabra "Gerard Rohlfs"
Inaugurato il 21 Maggio 2016, il Museo è situato all’ingresso del borgo di Bova, riconosciuta ormai da tutti come la “chòra” (capitale) dell’area ellenofona. Una visita al museo è d’obbligo per chi vuole conoscerne la storia. In particolare ampio spazio è dedicato all’opera di Rohlfs che già dal 1924 sostenne l’origine magno-greca. Rohlfs ha dedicato la sua vita a studiare “sul campo” i popoli e i dialetti dell’Italia meridionale. Sono tantissime le sue pubblicazioni sull’argomento ed è sempre lui il punto di riferimento per chi inizia a studiare questi argomenti. L’opera Scavi linguistici nella Magna Grecia, pubblicata nel 1933 raccoglie le sue ricerche linguistiche sui dialetti dell’Italia meridionale conparticolare attenzione ai dialetti greci di Calabria e Puglia, ma anche alla morfologia e al lessico dei dialetti romanzi calabresi.Il Museo è stato allestito per consentire al visitatore di immergersi nella cultura greco-calabra. Oltre alle importanti testimonianze fotografiche (gigantografie) ereditate dalla famiglia Rohlfs, alcune sale sono allestite per proporre ambienti e situazioni della vita quotidiana degli ellenofoni, fatta di elementi semplici ma di immenso valore culturale e storico in quanto portatori di antiche tradizioni.Di notevole importanza all’interno del Museo è lo scrigno della memoria, il quale conserva anche reperti della tradizione orale, come detti e proverbi. Nel suo continuo peregrinare attraverso le terre calabresi Rohlfs raccolse un patrimonio di informazioni di inestimabile valore e che oggi costituisce per espressa volontà dei suoi discendenti, parte permanente della collezione del museo.
- Il centro di documentazione di Cultura Grecanica “Napoleone Vitale”
- Il Museo del folklore e delle tradizioni popolari
- Palazzo Mesiani - Mazzacuva
Le vicende costruttive di questo edificio sono legate allo sviluppo urbano dell'abitato di Bova. Avendo incorporato, infatti, una delle strutture dell'antica cinta difensiva, esso definisce cronologicamente il periodo dell'evoluzione del centro nel momento di maggior fioritura (fine sec. XVII). Anche la sua posizione risulta strategica. La Torre in questione, appartenente un tempo ai Mazzacuva, dava il nome ad una delle porte di accesso del centro. Il Palazzo è collegato all'antico sito dove un tempo, sorgeva la Giudecca. Il maestoso ed imponente palazzo nobiliare risale alla fine del XVIII secolo ed è ubicato nella parte a nord- ovest del Borgo di Bova lungo la strada principale che porta alla Concattedrale dell’ Isodia e alla sommità; nel 1997-1998 è stato completamente ristrutturato grazie ad un importante finanziamento Cipe.
- La Chiesa di San Leo (XVII sec.)
Il Santuario di San Leo, patrono del borgo, venne costruita alla fine del XVIII secolo sui ruderi di una struttura precedente.
Le reliquie del santo sono gelosamente custodite da un’urna d’argento e sull’altare della chiesa svetta una statua dello stesso del 1582 opera di Rinaldo Bonanno. La chiesa ha una sola navata con cappelle laterali e preziosi stucchi ottocenteschi alle pareti.
- La Cattedrale di Santa Maria Isodia (del XII sec. e sede della diocesi a partire dal V sec.)
E' situata in una posizione sopraelevata rispetto al centro storico, in prossimità del Castello Normanno, ed è stata edificata sulle spoglie di un’antica chiesa bizantina. Custodisce opere di rilievo, tra le quali la statua in marmo della Madonna col Bambino, opera di Rinaldo Bonanno del 1584. La statua poggia su uno scannello marmoreo decorato di bassorilievi raffigurante un bove, emblema della città di Bova e, ai lati di una porticina, due angeli in adorazione. Due corone d'argento sono sul capo della Madonna e del Bambino.
- La Chiesa del Carmine (XVII sec.)
La Chiesa del Carmine (sec. XVII) è una graziosa cappella gentilizia appartenente alla famiglia Mesiani Mazzacuva.
Il prospetto principale in stile tardo rinascimentale è definito da alte lesene che sorreggono un cornicione con timpano triangolare.
Il portale in pietra realizzato da maestranze locali è sormontato dallo stemma di marmo della famiglia.
- La Chiesa dell’Immacolata (XVIII sec.)
Una struttura settecentesca dagli stilemi tardo-barocchi opera di maestranze locali. La chiesa fu a lungo un possedimento dei Marzano, una delle più influenti famiglie di Bova, che la usarono come cappella privata cui si accedeva dal vicino palazzo. La facciata, realizzata interamente in pietra riccamente intagliata, reca in bella vista sul portale lo stemma degli antichi proprietari, richiamato insieme ad altri anche all’interno. Una volta entrati, potrete ammirare la navata unica con le sue decorazioni tra cui spiccano le paraste laterali che reggono un grande arco a tutto sesto. Sull’altare maggiore era posta un tempo una tela raffigurante l’Immacolata a cui la chiesa è titolata. La preziosa immagine della Madonna oggi è custodita nel Santuario di San Leo a causa della sconsacrazione della chiesa oggi adibita a Infopoint Turismo del Comune di Bova.
- La Chiesa di Santa Caterina
Ospita un dipinto della martire della fine dell'Ottocento e di fattura molto modesta e una statua marmorea di arcaica bellezza della Madonna col Bambino (1590) proveniente dalla chiesa dello Spirito Santo (XVI sec.). La Chiesa di Santa Caterina è la chiesa parrocchiale del paese per cui lì vengono celebrate le principali funzioni religiose settimanali.
- La Chiesa dello Spirito Santo (XVII sec.)
Il prospetto principale della chiesa dello Spirito Santo (secolo XVII) ha forme semplici e austere, e contiene un portale dalle strutture architettoniche tardorinascimentali, intagliato in pietra da scalpellini locali. La chiesa ha subito gravi danni per i terremoti del 1783, 1908 e del 1928 e ora giace in stato d’abbandono.
- La Chiesa di San Rocco (XVI sec.)
San Rocco è un altro santo molto venerato a Bova. La piccola chiesa a lui dedicata si trova nelle vicinanze di un antico convento gestito dai frati minori di Sant’Antonio. La costruzione dell’edificio viene fatta risalire al termine del secolo XVI durante una terribile pestilenza. La facciata è di tipo monofastigiata con il bel portale al centro realizzato con pietra intagliata decorato da motivi alle paraste e al centro dell’architrave. Sulla sommità troviamo lo stemma vescovile. All’interno si presenta come una chiesa a singola navata con abside semicircolare e arco a tutto sesto. Il soffitto è in legno con rosone dipinto. Nel settecento questa chiesa rivestiva una modesta importanza. Nel 1783 e nel 1908 il santuario venne danneggiato da eventi sismici che resero indispensabili lavori di restauro nel 1975 che riguardarono anche il rifacimento delle coperture.
Tradizioni e Artigianato
Bova è uno dei pochi paesi nel quale ancora permangono antichissimi usi e costumi. L’artigianato ha radici davvero lontane e qui una delle sue massime espressioni è la tessitura popolare.
Lana, lino, cotone e ginestra fornivano alle tessitrici gli elementi ricavati in maniera naturale, che poi venivano lavorati con il telaio a mano per produrre tessuti che, cuciti a gruppi di tre, formavano le coperte vutane.
I disegni più comuni risalgono proprio all’epoca bizantina: il “mattunarico”, il “telizio”, la “greca”, il “greco”, le “muddare”. L’altro versante artigianale storico del luogo è quello della lavorazione del legno.
Originariamente gli oggetti in legno finemente intarsiati erano frutto del lavoro dei pastori: telai, stampi per dolci (plumia), cucchiai (mistre) e soprattutto le musulupare, stampi per l’antico formaggio aspromontano “musulupu”.
La Domenica delle Palme e il rito delle Pupazze di Bova
A Bova ogni anno ha luogo un evento unico nel suo genere: la “Domenica delle Palme” o Persephoni o, come alcuni amano chiamarle, Pupazze. Consiste nella realizzazione di stupende figure femminili con foglie di ulivo intrecciate, fiori, primizie e nastri colorati. Queste figure si collegano ai riti preistorici della Madre Terra, il passaggio della Primavera, il ciclo della vita, le dee dell’agricoltura Demetra e Persephone. Con la venuta del Cristianesimo non è stato abbandonato il rito pagano, ma è stato integrato nella giornata delle Palme; oggi vengono realizzate per osannare l’entrata di Gesù a Gerusalemme. Nelle settimane che precedono la domenica delle Palme, diverse famiglie del posto, si riuniscono e incominciano la lavorazione per la realizzazione delle “Parme”, vengono aperti dei laboratori per far partecipare i giovani, i bambini, le scuole e chiunque voglia cimentarsi nell’intreccio.
La tradizione consiste nel portare in processione delle grandi figure femminili (pupazze) realizzate dagli abitanti dell’incantevole borgo di Bova, intrecciando con abilità e pazienza i rami d’ulivo intorno ad un’asse di canna. Al termine di un laborioso procedimento di composizione, le pupazze, differenziabili per dimensioni in madri e figlie, sono “vestite” cioè, abbellite ed adornate con fiori, frutta e primizie e condotte fino alla Chiesa di S. Leo, santo patrono della Chora, dove riceveranno la benedizione.