Sito molto bello, con percorso estremamente semplice. Si sale dal comune di Melicuccà, poco fuori dal paese c’è il bivio a sinistra. Del sito archeologico è rimasto pochino. Presenti i ruderi in alto della chiesa bizantina del X secolo. Rimasta in buone condizioni la grotta di preghiera nella quale ha vissuto Sant Elia lo Speleota, divenuto oggi luogo di culto per i devoti. Presenti dei palmenti ben visibili ed ambiente cavo e molto profondo che veniva utilizzato come deposito per le derrate alimentari. Unica nota negativa, ma detta in maniera costruttiva, è l’arco in cemento costruito come opera di contenimento strutturale per evitare il crollo della grotta. Forse se fosse stato rivestito in pietra sarebbe stato visivamente meno impattante. Il complesso delle grotte di S. Elia Speleota, con i resti del contiguo cenobio basiliano e delle fabbriche annesse (cantina, mulino, necropoli, palmento, ecc.), risalenti al X secolo, rappresenta oggi una delle più cospicue testimonianze archeologiche della grecità bizantina nella Calabria meridionale. Secondo la “vita” fonte principale per la sua biografia, scritta da un anonimo monaco e raccolta in unico manoscritto , scritto nel 1308 nel monastero di s. Salvatore in lingua Phari a Messina, Elia nacque a Reggio Calabria da famiglia agiata fra l’860 e l’865. Da bambino in un grave incidente perse una mano e perciò ebbe dai contemporanei il soprannome di (moncherino). Appena diciottenne decise di farsi monaco intraprendendo cosi un lungo cammino spirituale che lo porterà alla santità. La prima tappa di questo percorso è il ritiro a vita eremitica nella chiesa di s. Aussenzio nelle pendici di un monte presso Taormina . Successivamente Elia, condusse un pellegrinaggio per visitare le tombe degli apostoli Pietro e Paolo a Roma, dove ebbe la possibilità di conoscere l’esperto Ignazio che lo educò alla vita monastica. Finito questo periodo di apprendistato Elia rientra nella sua Reghion per unirsi ad uno anziano monaco allora famoso, Arsenio, che viveva al tempo nel monastero di Santa Lucia, è qui che riceve l’abito monacale. Fonte: FAI Fondo Ambiente Italiano