Gerace è un comune italiano di 2426 abitanti della Città Metropolitana di Reggio Calabria in Calabria.
Si eleva a 470 metri di altezza, su una collina di pietra arenaria, a metà strada tra il mare Jonio e le montagne del Parco Nazionale dell’Aspromonte. Era un importante centro religioso ricco di luoghi di culto, tanto che era soprannominata la “città delle 100 chiese”. Dal 2015 è inserito tra I Borghi più belli d’Italia.
Gerace è considerata una delle più belle cittadine artistiche della Calabria perché conserva uno splendido centro storico in cui le case presentano ancora intatti gli antichi stili architettonici Gotico, Bizantino, Normanno e Romanico, e anche Opere d’arte che ne testimoniano l’importanza storica e culturale.
Origine del nome
Il nome Gerace deriverebbe secondo alcuni studiosi da una corruzione del greco “aghia kiriaka” (Santa Ciriaca) mentre per altri dal termine “Ierax” che vuol dire sparviero. Narra infatti un’antica leggenda che nel 915 uno sparviero guidò sul pianoro i superstiti dell’eccidio avvenuto a Locri in seguito ad una tremenda incursione dei Saraceni. Lo stemma comunale, a testimonianza di ciò, reca ancora oggi come simbolo uno sparviero. Secondo un’altra ipotesi, invece, il toponimo deriverebbe dal termine greco: “Jerà akìs ” (vetta sacra).
Informazioni:
Sito istituzionale:
www.comune.gerace.rc.it
Arte e cultura
Storia
La storia di Gerace è strettamente collegata a quella di Locri Epizephiri. Il nucleo abitativo, infatti, nonostante esistano tracce di frequentazione in epoca pre-greca, greca e romana, si sviluppa solo in seguito all’abbandono della città di Locri, avvenuto a partire dal VII secolo d.C., a causa del sempre maggiore pericolo piratesco e la sempre crescente insalubrità delle coste.
Che la cittadina fosse da sempre strettamente collegata alla cristianità appare evidente non solo dal fatto che sia stata spostata, in realtà, la sede della diocesi locrese, ma anche dalla presenza innumerevole di chiese e monasteri anche infra muros, che ha contribuito a identificare la rocca come una sorta di Monte Santo.
Per la sua particolare posizione, però, Gerace divenne ben presto un centro di importanza eccezionale nella Calabria Meridionale; la possibilità di controllare i traffici costieri, la sua particolare conformazione orografica che permetteva una naturale fortificazione, fece sì che divenisse oggetto di attenzione sia dell’Impero bizantino che del regno di Sicilia. La presenza congiunta di tali potenze fece sì che il centro resistesse a lungo agli attacchi degli Arabi, che mantenesse una certa autonomia rispetto ai Normanni e che fosse, in seguito, oggetto di attenzione per i dominatori non solo dell’Italia ma di tutto il Mediterraneo. Testimonianza di tale importanza ne è la grande ed eccezionale (per qualità), quantità di architetture ecclesiastiche e laiche, frutto di committenze imperiali (Cappellone di San Giuseppe nella Concattedrale certamente svevo), regali (si pensi agli interventi normanni nel Castello, nella Concattedrale e in altre chiese sparse all’interno delle mura o alla Chiesa di san Francesco, voluta da Carlo II d’Angiò nel 1294); principesche e feudali.
Suddivisa in cinque aree urbane (il Castello, la città, il Borghetto, il Borgo Maggiore e la Piana) Gerace e i suoi dintorni portano i segni di un’urbanizzazione che ha origini lontane nel tempo. Poco distante dall’attuale centro abitato è infatti possibile visitare i resti di una necropoli che risale ad epoche diverse e che conserva tracce di tre periodi distinti. Sono state rinvenute nell’area archeologica ceramiche del IX secolo a.C., corredi indigeni e di importazioni risalenti al VII secolo a.C. e prodotti di fattura greca e italiota datati al VII secolo a.C..
Gerace fu abitata sin dal neolitico: nel X secolo a.C. la popolazione indigena ha lasciato testimonianze di una civiltà protostorica molto interessante specialmente intorno all’ VIII° secolo a.C., quando questa civiltà si è fusa con quella dei coloni greci i quali, prima di fondare la città di Locri Epizefiri sulla marina sottostante, hanno trascorso un breve periodo di convivenza sulla collina.
Il sito continuò ad essere abitato e frequentato anche quando la polis di Locri Epizefiri raggiunse il suo massimo splendore nel V° secolo a.C. ed ebbe un notevole sviluppo nel IX secolo quando arrivarono i Locresi per sfuggire al pericolo saraceno.
Gerace ha da sempre svolto un ruolo strategico considerevole nel territorio. Con i greci e i romani, la rocca accrebbe la sua importanza militare nel controllo del percorso di collegamento Jonio-Tirreno. I bizantini la fortificarono tanto che poté resistere ai numerosi attacchi arabi del X secolo.
Monumenti e luoghi d’interesse
Tra le numerose chiese presenti nella cittadina le più preziose ed importanti sono:
La Basilica Concattedrale dedicata a Maria Assunta è sorta nel periodo normanno tra il 1085 e il 1120, su un edificio pre-esistente risalente all’VIII secolo.
La Cattedrale di Gerace è la chiesa più grande della Calabria con una superficie complessiva di 1.690 mq., è stata dichiarata "bene architettonico" di interesse nazionale. È stata elevata alla dignità di Basilica Minore l'8 settembre 2018.
Più simile a un castello che a una cattedrale, si erge immensa al centro di Gerace, come quindi a proteggere il paese da ogni eventualità. All’ingresso la grande parete calcarea ospita due delle tre absidi che la compongono: su quella a destra abbiamo il portale ligneo ad archi concentrici e sormontato da una finestra, datato XIX secolo; quella di sinistra, più piccola e unica originale, è caratterizzata da una lunga feritoia. Varcata la soglia, possiamo ammirare l’interno delle navate, da cui si snodano su tutto il corpo dell’edificio venti colonne in granito e marmo, sormontate da capitelli tardo imperiali.
Il colonnato greco dona all’interno della Cattedrale una forte eleganza e dà spazio al riconoscere le due parti che la formano. Infatti la cripta, posta nella parte inferiore, si sviluppa in due parti: la prima con orientamento est-ovest, databile X secolo; la seconda orientata nord-sud è coeva al transetto nel piano superiore. Di uguale bellezza è anche il coro absidato, situato sopra la cripta, coperto da una volta a crociera e ornato da ricercati costoloni.
Sulla grande parete in pietra calcarea sporgono due delle tre absidi di forma semicircolare. L’interno è suddiviso in tre navate che ospitano 20 colonne granitiche e in marmo, interrotte al centro da due pilastri a T e sormontate da capitelli di epoca tardo-imperiale.
Lungo la navata sinistra è posto il bassorilievo raffigurante l’Incredulità di San Tommaso, mentre l’abside accoglie l’altare del Sacro Cuore di Maria realizzato nel 1771.
In corrispondenza della navata maggiore si apre il lungo coro absidato che riprende le dimensioni della sottostante cripta, mentre sui quadrati laterali del transetto si apre il cappellone quattrocentesco, coperto da una volta a crociera e ornato da costoloni a sezione complessa ricadenti su eleganti colonne angolari.
La Cappella della Madonna dell'Itria è stata ricavata da una chiesa rupestre posta nella cripta della Cattedrale. Presenta una volta a botte con stucchi ottocenteschi, mentre le decorazioni in marmi policromi sono state realizzate nel 1613 e ripetono le invocazioni bibliche che la Chiesa rivolge alla Santa Vergine.
L'esterno della Cattedrale di Maria Assunta appare con una imponente parete in pietra calcarea dalla quale sporgono due delle tre absidi di forma semicircolare. Sull'abside destra si apre un pregevole portale ligneo del XIX secolo ad archi concentrici, sormontato da una finestra, mentre l'abside di sinistra, di diametro inferiore, presenta invece una lunga feritoia.
Nella cripta, precisamente nella Cappella di S. Giuseppe, è allestito il Museo Diocesano del Tesoro. Presto sarà trasferito nei restaurati ambienti del seminario vescovile, dove il percorso sarà arricchito dall'esposizione di numerosi dipinti e da un pregevole arazzo seicentesco. La raccolta comprende un considerevole numero di suppellettili ed arredi provenienti dalla Cattedrale e da altri luoghi di culto e confraternite del territorio diocesano. Il pezzo più antico è una piccola croce reliquiario a due braccia in lamina d’oro con pietre dure e perle, proveniente da Gerusalemme e databile al XII secolo. Tra gli altri oggetti esposti, che coprono un arco di tempo compreso tra il XV e il XIX secolo, spiccano un raffinato pastorale settecentesco di argentiere meridionale e una statua dell’Assunta in argento, a grandezza naturale, realizzata a Napoli nel XVIII secolo. Prezioso è anche l’ottocentesco ostensorio in argento dorato, smalti e pietre dure, uno dei più belli di Calabria, decorato con raffigurazioni simboliche legate al sacrificio eucaristico. Il percorso è arricchito da sculture lignee quali la settecentesca Santa Filomena, da un pregevole Cristo in avorio e raffinati parati sacri.
La chiesa di San Francesco d'Assisi di Gerace è considerata il più importante esempio di gotico calabrese. La chiesa, costruita nel 1252 sulle rovine di un preesistente edificio romanico, si presenta a navata unica e faceva parte di un antico convento, fondato nei primi anni del XIII secolo da Daniele, compagno di san Francesco, e del quale rimane solo il pozzo ed una parte del chiostro. Analogamente a quanto si è verificato per la cattedrale dell'antico borgo, l'importante edificio religioso nel corso dei secoli ha conosciuto periodi di grandezza e splendore alternati a epoche buie, di decadenza e distruzione. Con la venuta dei francesi nel 1806 i frati dell'attiguo convento, temendo la confisca dei beni, portarono via tutte le opere ed i beni in essa presenti, impoverendo e disperdendo così l'enorme e ricco patrimonio artistico della chiesa. Tra il 1806 e il 1897 la chiesa venne adibita a prigione e subì enormi danni. Con la chiusura del carcere, l'edificio rimasto vuoto e privato della sua funzione di luogo di culto, ospitò un mulino, un frantoio e abitazioni per uso civile.
La facciata principale, sulla quale si apre un imponente portale gotico ad arco acuto, con triplice archivolto decorato con motivi di ispirazione arabo-normanna, è inoltre arricchita da una modanatura, da diversi capitelli e da una svastica raffigurante il sole che, nella simbologia orientale, rappresenta l'eternità. L'interno della chiesa, pur presentandosi sobrio e disadorno, custodisce importanti elementi artistici ed architettonici quali l'altare maggiore seicentesco in marmi policromi intarsiati, l'arco trionfale del 1664, in stile barocco e decorato con intarsi in marmi policromi, opera del frate geracese Bonaventura Perna, e il sarcofago funebre del 1372 del guerriero Nicola Ruffo, opera eseguita da un discepolo dello scultore senese Tino di Camaino, sul quale vegliano santa Maria de Jesu affiancata ai lati da due angeli e i santi Pietro, Elena, Caterina e Paolo. Tra gli scarsi resti dell'antica cappella di Santa Maria de Jesu, attigua alla chiesa, rimangono un sarcofago romanico anepigrafo e alcuni resti di due colonne gotiche. Le lunghe opere di restauro hanno consentito di portare alla luce parti del monastero dei padri Conventuali e un'ala del chiostro.
La piccola chiesa in pietra e mattoni, a navata unica, fu edificata attorno al X secolo. Attualmente di rito greco ortodosso, consacrata il 5 novembre 1991 quale Santuario Ortodosso Panitalico della Sacra Arcidiocesi ortodossa d’Italia e Malta dal metropolita Ghenadios, è considerata la più antica Chiesa Ortodossa d'Italia. Nel corso della sua lunga storia ha conservato la sua semplice e originaria architettura che si presenta con tetto a campana, campanile a vela sulla cuspide del lato occidentale e ingresso principale sul suo lato sud. Sui suoi prospetti si aprono sette monofore arcate e laterali che consentono un'adeguata illuminazione. Al suo interno si trovano il Diaconicòn e Prothesis, accanto all'abside sporgente, tracce di affreschi e una cisterna per la raccolta delle acque piovane.
L'edificio, storicamente uno dei più importanti della città nell'XI secolo, nonostante sorgesse fuori dalle mura della città, nell'attuale Borgo maggiore, mostra adesso una configurazione neoclassica a croce greca, dovuta alla sua totale ricostruzione in seguito al terremoto del 1783. Un'accurata campagna di scavi archeologici ha portato alla luce importanti fasi protomedievale che vedono, su una fase di frequentazione laica, la costruzione di una piccola chiesa ad aula, probabilmente bizantina, inglobata da un più grande edificio normanno, dal quale provengono importanti frammenti in stucco con decorazioni fitomorfe e zoomorfe certamente vicine a stilemi siculo-arabi. La facciata ottocentesca è dominata da un maestoso portale sorretto da colonne su plinti. Sulla destra si erge il campanile a sezione quadrata.
La chiesa fu costruita sull’antico impianto dell’edificio dedicato a S. Stefano col nome di S. Maria della Sanità.
Distrutta durante il terremoto del 1783, venne riedificata a cura della Confraternita del Sacro Cuore e di Maria SS. del Rosario nel 1851. Il soffitto è decorato con stucchi ed immagini tratte dall’Antico Testamento.
Il pavimento è in maiolica d’epoca. Organo a canne del 1888. Il portale e la facciata sono in stile barocco, mentre la cupoletta è a coppo sporgente
Costruita nella prima metà del XVII secolo, presenta una caratteristica cupola ad embrici. Al suo interno si trova il sarcofago del latinista Francesco Nicolai ed un'antica statua lignea della Madonna.
L'edificio religioso originariamente fu edificato tra il XVI e il XVII secolo a navata unica. Nel 1908 la struttura è stata arricchita da due navate laterali e da un soffitto a cassettoni.
L'originale edificio fu costruito in età bizantina, l'attuale struttura nasce dalla ricostruzione conseguente al terremoto del 1783. Nelle sue adiacenze si trova una piccola necropoli bizantina.
Al suo interno si trovano un organo a canne del 1850, la statua della Madonna Addolorata del 1762, opera dello scultore napoletano Francesco Vittozzi.
Si tratta di un edificio ecclesiastico di epoca normanna datato 1753 che ospita al suo interno ovali ed affreschi raffiguranti Santi. Nella parete ovest della Chiesa sono ancora visibili i resti di un portale che, in epoca bizantina, doveva essere l’antico ingresso.
Ospita un olio su tela del XVIII secolo e realizzato da Francesco Saverio Mergolo, raffigurante San Giuseppe col Bambino e la Madonna in Gloria tra gli angeli, che appare a San Biagio.
È il tipico sito di preghiera bizantino paleocristiano. A forma di cesta, si presenta a tre navate e potrebbe risalire al VII-VIII sec.. All’interno sono visibili tracce di affreschi (X-XII sec.). La chiesetta paleocristiana presenta tre ingressi asimmetrici con quello centrale di maggiori dimensioni, quattro nicchie, molte absidiole rudimentali ed una calotta piramidale. Nel 1985 sono state rinvenute nell’alveo della struttura 15 tombe di tipo basso-medievale, alcune monete risalenti al XV-XVI sec., ed una cisterna collocata dietro la nicchia centrale. Nella zona sovrastante, a ridosso della struttura, è posto un superstite muro di cinta medievale munito di feritoie.
Edificio annesso al Convento dei Cappuccini, possiede un altare maggiore, due altari in noce posti ai lati di quello principale e un ciborio con decorazioni in madreperla e avorio del 1720 ad opera di fra Ludovico da Pernocari. Dal 2007 proprio il Convento dei Cappuccini è stato al centro di un progetto di consolidamento e restauro.
Architetture civili
La ricca storia dell’arte della città può essere letta lungo le sue piazzette, i suoi vicoli, i muri delle sue case e i suoi palazzi storici e dalle numerose chiese monumentali edificate nel corso della sua lunga storia.
I sontuosi palazzi che la abbelliscono sono quasi sempre forniti di portali in pietra lavorata da scalpellini locali e, pur, essendo spesso frutto di restauri ottocenteschi, a seguito dei danni causati alla città dal terremoto del 1783, ripetono spesso volumetrie proprie di una fase medievale (XIII-XV secolo); non è raro trovare, infatti, al di sotto di intonaci moderni tracce di finestre bifore, di archi a sesto acuto, di finestre strombate che denunciano un’attività costruttiva importante già nel XII secolo.
Tra gli edifici più importanti sono da ricordare:
- Palazzo Grimaldi-Serra, sede del Comune.
- Il Palazzo Migliaccio, posto in Piazza del Tocco. La facciata è simmetricamente articolata. Il portale ha una doppia cornice in pietra sagomata con stemma nobiliare, ai lati due aperture squadrate e, al primo piano, tre balconi con mensole. La copertura è a falde con tegole.
- Palazzo Candida, che mostra chiare vicinanze con modi e stilemi siciliani. La pianta è complessa, ha una corte e piccoli giardini. E’ costruito su due livelli: al piano terra ci sono ampie arcate e sopra, balconi con mensole scolpite.
- Palazzo Arcano, dotato di un imponente portale in pietra. E’ un edificio a corte su due piani. Il portale è a conci scalpellati e rappresenta il ciclo della vita. In basso a sinistra è scolpito il bambino, a metà il giovane e sulla chiave di volta colui che parla e agisce, cioè l’adulto. A destra, a metà, il teschio e la morte, quindi la vecchia; in basso la metamorfosi e le foglie di acanto, simbolo della vita eterna.
Sopra il portale si nota un lungo balcone. L’androne del palazzo ha una copertura a botte incannucciata. - Il Palazzo De Balzo, munito di feritoie difensive. Questo antico palazzo nobiliare ha una corte dalla quale parte la scala principale con tre ordini di arcate. L’esterno è in intonaco misto e la copertura a falde con tegole.
- Casa Marvasi, edificio medievale su due livelli. Il portale, al centro della facciata, è archiacuto a conci irregolari. Sopra, una splendida bifora con colonnetta centrale e capitello in marmo bianco. L’esterno è in intonaco misto, la copertura a falde con tegole.
- Palazzo Delfino, che ospita due finestre bifore ogivali bicolori, in calcare e pietra lavica, che creano un’alternanza cromatica tra il bianco e il nero, di sapore catalano databili al pieno ‘400;
- Palazzo Spanò che si svolge attorno ad uno dei più bei cortili spagnoli della città.
- Palazzo Cacheopulo in piazza del Tocco.
- Palazzo Parrotta
- Ex Monastero di Sant’Anna, che si affaccia sulle Bombarde e guarda verso la costa.
All’interno dei vicoli si trovano numerosi archi a “volta a gistuni”, costruiti con un’originale tecnica tipica del luogo. La tecnica consisteva nel costruire l’arco facendo una gettata di calce su una struttura di canne intrecciate, allo stesso modo con cui vengono intrecciati i tipici cestini, chiamati “gistuni”. Delle dodici porte che originariamente si aprivano sulle mura del nucleo storico del paese ne sono sopravvissute soltanto quattro: Porta dei vescovi o della Meridiana, prossima alla Concattedrale-Porta Santa Lucia-Porta Maggiore-Porta del sole. Di particolare importanza è lo spazio pubblico rappresentato da Piazza del Tocco sulla quale hanno affaccio alcuni palazzi nobiliari, tra i quali Palazzo Calcheopulo, Palazzo Migliaccio e Palazzo Macrì. Nell’antico borgo si trova anche un’antica fontana del 1606 con il relativo acquedotto.
In prossimità del centro abitato sono stati scoperti i resti di una necropoli che è testimone di tre diverse epoche. Gli scavi archeologici che l’hanno interessata hanno riportato alla luce ceramiche del IX secolo a.C., corredi locali e di importazione risalenti al VII secolo a.C. e varie suppellettili di origine greca e italiota risalenti al VII secolo a.C.
Architetture militari
Il Castello
Edificato probabilmente durante il VII secolo d.C., la sua esistenza è testimoniata già nel X secolo d.C. quando fu devastato insieme alla città dai bizantini. Con la venuta dei normanni, intorno al 1050, fu ristrutturato e fortificato. Nei secoli successivi subì le devastazioni di alcuni catastrofici terremoti. Di esso rimangono una grande torre e poche mura, in parte ricavate dalla roccia e in parte si ergono a picco sui burroni circostanti. Originariamente era dotato di sistemi di canalizzazione delle acque meteoriche, di un grande pozzo, un ponte levatoio sul suo lato orientale, un’ampia armeria, un cortile interno, del quale rimangono alcuni ruderi del colonnato, e altri locali adibiti alle più svariate funzioni. Nella zona antistante il castello vi è un piazzale, denominato “Baglio”.
Eventi
Sono molti gli eventi e le feste che segnano l’anno di Gerace, borgo tra i più attivi in Calabria per l’organizzazione di manifestazioni.
Innanzitutto, è da ricordare “Il Borgo Incantato”, la prima rassegna internazionale di arte di strada in Calabria: nata nel 1999, ha sempre riscosso un notevole successo di pubblico, dato che attira una marea di spettatori, oltre 10 mila persone a serata. La rassegna si svolge ogni estate a fine luglio, durante tre appuntamenti serali d’intensità unica, in cui le strade sono invase da musicisti, band itineranti, giocolieri, funamboli, trampolieri, mangiafuoco, mimi, clown, maghi e prestigiatori provenienti da tutto il mondo per animare il borgo medievale con spettacoli mozzafiato ed evoluzioni acrobatiche, intrattenendo il pubblico in un’atmosfera magica e allegra, in cui l’arte di strada diventa anche un mezzo per promuovere il patrimonio culturale del centro storico. Le luci delle fiaccole guidano infatti i numerosi visitatori lungo le viuzze dell’antico borgo medievale, fra chiese e palazzi fino alle principali piazze, cuore degli eventi: le piazze del Tocco, delle Tre Chiese e della Cattedrale. E nel frattempo nelle cantine dei principali palazzi vengono allestiti tavoli dove degustare i prodotti della gastronomia locale. Sempre nel periodo estivo, sono da segnalare la Festa del Sacro Cuore (la prima domenica di luglio), curata dall’omonima confraternita, e quella della Madonna del Carmine (il sabato e la domenica successivi al 16 luglio, giorno della Nostra Signora del Carmelo), anche questa curata dall’omonima confraternita: per l’occasione, vengono organizzati una fiera e spettacoli di vario tipo (tra cui uno pirotecnico).
Ad agosto si svolgono anche le feste patronali: i giorni 22 e 23 si può assistere alla processione dei santi patroni per le vie della città (sono ben tre: Madonna Immacolata Protettrice di Gerace e della Diocesi, Sant’Antonio del Castello e Santa Veneranda), mentre a corollario sono appuntamenti immancabili gli spettacoli musicali e soprattutto il tradizionale ballo del cavalluccio. È questa una tipica danza calabrese di origine spagnola, sempre più rara ma estremamente suggestiva, che rappresenta la lotta tra bene e male e viene ballata a ritmo di tarantella. Richiede una grande abilità: il ballerino deve essere anche un fuochista, visto che il cavalluccio sulla sua testa – un fantoccio generalmente costruito con canne – è costellato di polvere pirica e viene acceso gradualmente non appena parte la musica. Il pubblico è disposto a cerchio attorno al ballerino e fa festa mentre il destriero sputa fuoco sulla gente, in una escalation di botti, fiamme e scintille.
Infine, da citare ancora la Festa di Maria Santissima di Prestarona (prima domenica dopo Pasqua), una festa religiosa e campestre con la fiera del bestiame, e i concerti organizzati nella Cattedrale per Capodanno e l’Epifania.