Canolo è un comune italiano di 700 abitanti della città Metropolitana di Reggio Calabria.
Origini del nome
Il nome Canolo proviene dal greco κάναλος (canale o fonte; in latino canalis). Sono ricorrenti tra il popolo anche le forme dialettali «Canalo», «Canalu», «Canulu».
Informazioni:
Sito istituzionale:
www.comune.delianuova.rc.it
il Territorio
Il territorio confina con i comuni di Scido, Cosoleto e San Luca. La sua posizione è stupenda: situato nell’alta valle del torrente Duverso, in una conca aperta a Sud verso la Piana di Gioia Tauro, è circondata da ulivi secolari, castagni e, dietro, dai sovrastanti “Piani di Carmelia”. La montagna che sovrasta Delianuova, “Porta del Parco Nazionale dell’Aspromonte”, rappresenta ancora, per chi volesse godersela, un’oasi incontaminata dal cemento. Numerosi, a tal proposito, sono gli itinerari proposti dal C.A.I., tra boschi di faggi e di pini, piccoli fiumiciattoli, stupende cascate, tanto verde ed una fauna tipica, alcuni dei quali conducono al vicino Montalto, ove si trova la statua del Redentore, che ormai più di 100 anni fa fu portata fin lassù, a pezzi, proprio da Delianuova.
La Storia
Fondata come comune autonomo nel 1878 per volontà di Umberto I°, Delianuova nasce dalla conurbazione di due piccoli comuni preesistenti: Paracorio e Pedavoli. Di questi piccoli insediamenti si ha notizia sin dal lontano 1050, come testimoniano vari documenti dell’epoca, oggi custoditi presso l’archivio Vaticano. Durante il basso medioevo Pedavoli e Paracorio furono casali di Santa Cristina, associati al feudo di Sinopoli all’epoca dominio dei Ruffo di Calabria fino alla fine del XV secolo. L’impianto urbanistico attuale è frutto della ricostruzione costante e tenace avvenuta dopo ben tre terremoti che in epoca moderna e contemporanea, fra il 1783 e il 1908 hanno distrutto il paese.
Arte e cultura
Monumenti e luoghi d'interesse
Una visita nel borgo di Delianuova non può prescindere da una passeggiata lungo la “Via della pietra verde”; questa speciale roccia estratta da un'antica cava in contrada "Cotripa",attiva fino al 1933 e scoperta dai monaci Basiliani. E’ stata utilizzata sin dal XVIII secolo per realizzare portali, balconi e fontane in diversi paesi e città della Calabria. Conosciuta sin della fondazione del paese, la pietra ha scoperto il suo pieno utilizzo edilizio grazie agli scalpellini siciliani che nei secoli scorsi si trasferirono a Delianuova, importando la loro abilità artigiana. Il cammino lungo la via si snoda attraverso decine di portali, fioriere, maschere apotropaiche che ancora oggi sono testimonianza viva di un patrimonio storico-artistico di notevole interesse storico-artistico. Documenti storici confermano che il capostipite degli scalpellini proveniva da Messina e si stabilì a Delianuova già nel 1790. Si chiamava Vincenzo Marsico, e i suoi discendenti vivono ancora nella città aspromontana, continuando a praticare con maestria quest’arte preziosa.
Conserva, infatti, un piccolo tesoro costituito sopratutto da elementi decorativi in pietra, di notevole importanza storico-artistica. È così possibile osservare, in giro per la cittadina, ben 15 portali in Pietra Verde, alcune fontane, alcune scalinate, come quelle della Chiesa San Nicola e di Piazza F. Leuzzi e tantissime mensole variamente modellate.I principali portali deliesi sono costituiti da una struttura elementare in cui gli stipiti sono prodotti con uno o più blocchi monoliti di pietra verde, mentre l’intervento decorativo è rappresentato per lo più, da una chiave di volta, posta ovviamente alla sommità dell’arco. Si tratta spesso di un mascherone che riconduce ad una tipologia presente nella regione sin dai primi anni del 1600.
Altre volte è una vera e propria maschera apotropaica (portale palazzo Princi) che riprende la tradizione decorativa di origine sacrale, ancor oggi tipica dei “babbaluti”, tradizionali maschere di ceramica. Tale caratteristica è presente anche in qualche fontana ed in alcune mensole di balconi.
La più antica e l’unica rimasta, dopo il terremoto del 1783, delle quattro fontane che l’amministrazione comunale di Pedavoli aveva collocato ai quattro angoli del paese. L’acqua sgorga direttamente dalla bocca di una maschera apotropaica in pietra verde, al di sopra della quale vi è una targa marmorea commemorativa,dettata dall’allora vescovo di Oppido, Ferdinando Mandarani. Si tratta di un elogio al sindaco di allora, Giovanni Spadaro, che volle costruire questa fontana, insieme ad altre.
L'iscrizione latina recita recita: "Quis quis es fruere laetus, bibe gratus, abi memor " (Chiunque tu sia godi felice, abbi memoria, di questo tuo gradito bere).
La chiesa dell'Assunta fu ricostruita dopo il terremoto del 1895, in unica navata. Monumentale e degno di nota è il portone in legno, opera di artigiani locali (la famiglia Caminiti), datato originariamente 1912 e più volte ristrutturato.
È in legno di castagno intagliato e verniciato, ed in esso sono anche rappresentate scene di vita mariana (Assunzione e Annunciazione).
All’interno, subito a destra, nella prima cappella, una stupenda statua in marmo bianco, raffigurante la Madonna, di scuola messinese, sapientemente restaurata da Mimmo Papalia. Nella stessa cappella, due dipinti: il primo, sulla parete destra, in tempera su tela, di Raffaele Angelo Musitano, del 1854, raffigurante San Luigi Gonzaga, il secondo, sulla parete sinistra, raffigurante San Francesco Saverio del 1906, dello stesso autore calabrese.
Nel transetto sinistro, a destra dell’altare, due interessanti reperti, che la dicono lunga sull’arte calabrese pre-sisma 1783: una lapide del 1735 in pietra serena scolpita ed una testina alata, pur essa in pietra serena, facente parte di un insieme lapideo del XVIII secolo andato distrutto con quel terremoto. Nello stesso transetto, l’altare con la statua del Sacro Cuore di Gesù. L’altare è in marmo bianco scolpito ed intarsiato, mentre la statua è in cartapesta, modellata e dipinta, opera anonima di bottega leccese.
È un edificio cultuale eretto nel XVII secolo in forma pseudo rinascimentale, la cui facciata è stata di recente abbellita da due statue opera dello scultore locale Domenico Papalia, raffiguranti S. Elia e Mosè. L’interno è decorato a stucchi dove è possibile osservare il soffitto in legno intarsiato, a cassettoni, con pannello centrale ottocentesco, figurato ad altorilievo.
Entrando a destra, La Speranza, a sinistra, la Fede, allegorie scultoriche delle due virtù teologali, in legno intagliato e dipinto. Sopra l’ingresso, un organo in legno intagliato. A fianco all’ingresso, sulla destra, S. Pasquale in legno scolpito e dipinto. Nella navata centrale, nel transetto, pilastro anteriore destro un San Giuseppe con Bambino mentre nel pilastro anteriore sinistro un San Vincenzo Ferrer, entrambi in legno scolpito e dipinto; nel pilastro posteriore destro una statua dell’Immacolata e nel pilastro posteriore sinistro, San Nicola, patrono. Sul presbiterio, l’altare maggiore con alzata in legno intagliato, dipinto e dorato; nella nicchia dello stesso è possibile osservare una Madonna con Bambino, gruppo statuario alabastrino, in marmo di Carrara, di età rinascimentale, su predella poligonale decorata a rilievi figurati (rappresentanti l’Annunciazione e la Visitazione) risalente al ‘4 -‘500, di scuola gaginesca. La statua è stata danneggiata nel corso dei secoli, la testa del Bambino si era staccata ed è stata riposizionata e restaurata.
Nel retro dell’altare maggiore è custodito un Portacero pasquale, ricavato da una colonnina marmorea con capitello decorato a motivi bizantineggianti, ascrivibile al XII secolo, e base in in pietra verde attribuito a maestranze calabresi. Davanti al transetto centrale, un pergamo: Gli artisti di questo pergamo sono stati m.ro Giuseppe Licastro fu Filippo e m.ro Giuseppe Ascrizzi di Vincenzo, 21 xbre 1886. (come si evince sul retro del bassorilievo ligneo…). Fu restaurato una prima volta nel 1940 e di recente da Mimmo Papalia.
Nella navata destra, la prima arcata accoglie un Sant’Antonio da Padova, in legno scolpito e dipinto, datato 1820, di Saverio Scutellà, che l’omonimo illustre pronipote Saverio Scutellà junior restaurò nel 1953. Posto sopra i resti di un altare in marmo policromo del XIX secolo, un San Francesco di Paola, statua lignea di scuola meridionale e nella terza arcata un altare con pala di San Giuseppe: la base è in marmo intarsiato e scolpito, mentre l’alzata è in legno intagliato, dipinto dorato e verniciato di scuola calabrese, così come di scuola calabrese anche il dipinto, olio su tela, raffigurante San Giuseppe.
Tutto il complesso è stato restaurato di recente da Mimmo Papalia. Nell’ultima arcata l’altare dedicato al Sacro Cuore. Nella navata sinistra, all’ingresso, un’acquasantiera in marmo bianco attribuita a bottega calabrese; poco più avanti, una teca in rame sbalzato, traforato e dorato contenente un Cristo morto, in legno scolpito e dipinto; nella seconda arcata della stessa navata, una statua in legno della Madonna del Carmine, datata 1877, di Raffaele Angelo Musitano, con corone in argento sbalzato, cesellato, traforato e dorato, di bottega meridionale; nella terza arcata un dipinto sempre di Raffaele Angelo Musitano, rappresentante la Crocifissione con la Madonna e San Giovanni evangelista.
Nella quarta arcata i resti di un altare del XIX secolo in marmo intarsiato, al di sopra di esso, nella nicchia, una Madonna Addolorata, di Ferdinando Perathoner, scultore di Ortisei, in Valgardena.
In fondo alla navata sinistra, La Madonna delle Grazie, di bottega calabrese, in legno scolpito e dipinto posta su trono sempre in legno scolpito e dorato.
A sinistra si accede in sacrestia dove sono custoditi una serie impressionante di paramenti e suppellettili sacri ormai introvabili, alcuni dei quali con cuciture in oro, incensieri, calici, ostensori risalenti anche al XVIII secolo. Per un momento di sana preghiera, la Cappella con l’esposizione del Santissimo, consentirà di restare appartati.
Il Museo Virtuale Garibaldino in Aspromonte propone un nuovo modello di museo, integrando un archivio digitale e un sistema di regia dei contenuti multimediali; il percorso visuale è progettato per trasmettere suggestioni dalla storia attraverso un linguaggio di forte impatto emozionale che si rivolge, in particolare, alle giovani generazioni e pone questo nuovo museo calabrese fra le novità più interessanti d’Italia per quanto concerne la documentazione digitale sulla storia contemporanea del Mezzogiorno. Il Museo dedicato a Garibaldi si propone di esplorare la storia dell’uomo, dell’eroe del mito, che nel 1862 si intreccia con quella della Calabria in quello che gli storici definiscono come l’episodio più controverso dell’epopea dell’eroe dei due mondi.
Tradizioni
Sono numerose le tradizioni di Delianuova, soprattutto legate a festeggiamenti religiosi. La più importante di esse è la festa di Maria Santissima Assunta, celebrata fra il 14 e il 15 agosto di ogni anno. La sera del 14 agosto la statua della Madonna, viene portata in processione solo per una breve tragitto Il pomeriggio del 15, invece, la processione si snoda attraverso tutte le vie del paese. Da ricordare inoltre la festività legata a San Nicola, antico patrono di Pedavoli, il cui culto si rinnova ogni 6 dicembre.