Melito (Mèlitu in calabrese, Μελιτος in greco-calabro) è un comune italiano di 10650 abitanti della Città Metropolitana di Reggio Calabria. È il comune più a sud della Calabria e dell’Italia continentale.
Origine del nome
L’origine del nome Melito è per il fiume omonimo chiamato “potamòs tu Melìtu”. Anche in arabo era chiamato “wadi al asal” cioè, fiume del miele dovuto alla gran produzione di miele in questa zona. La seconda parte del nome è dovuto alla possibilità di approdare con piccole barche in un porto sicuro, ovvero un Porto Salvo.
Informazioni:
Sito istituzionale:
www.comune.melitodiportosalvo.rc.it
Il territorio
Melito di Porto Salvo è a 28 km da Reggio Calabria e fa parte della Comunità Montana Versante Jonico Meridionale Capo Sud. La zona è attraversata dai fiumi Tuccio, Tabacco e Marosimone.
È una delle località balneari segnalate con due vele nella Guida Blu di Lagambiente, ma soprattutto è una zona agricola, molto caratteristica per la coltivazione di agrumi, in particolare il bergamotto, di cui la città è il centro produttivo più importante. Questo agrume cresce esclusivamene nel territorio della provincia di Reggio Calabria e ha tante proprietà benefiche per il corpo e la salute. Il bergamotto viene adoperato per diversi usi: cosmetici, creme, saponi, bevande, confetture, olio essenziale.
La città si divide in Melito Alta, con le case arroccate sulla collina, e Melito Bassa, la zona più sviluppata ed abitata, con botteghe di artigiani e negozi. Affacciato sul mar Ionio, il lungomare regala un panorama incredibile con l’Etna e la Sicilia come cornice.
Frazioni e Località
Annà, Armà, Caredìa, Concessa, Lacco, Lembo, Marina, Musa, Musupuniti, Paese Vecchio, Pallica, Pentedattilo, Pilati, Porto Salvo, Prunella, San Leonardo, Sbarre.
Molto suggestiva è la frazione di Pentedattilo, un borgo di origine bizantina. Chiamata anche “la mano del gigante” per la forma geologica della montagna che domina il paesino. È stato un posto ammirato e visitato da viaggiatori sin dall’ ‘800 ed è ancora oggi meta di esploratori per il suo fascino. Il borgo e dintorni si visita a piedi, e al suo interno ci sono botteghe di artigiani, ma il borgo è quasi spopolato.
La Storia
Secondo gli storici locali (tra cui R. Cotroneo) la località era sicuramente abitata in epoca tardo-romana, anche se la conferma di tale assunto è data solamente dal ritrovamento nella parte più antica (presso la collinetta Calvario) di una necropoli del V-VI secolo d.C. Si suppone inoltre che in tale periodo il posto fosse una stazione di scambio e riposo per chi viaggiava da Reggio Calabria a Locri (Decastadium).
Secondo la Storia popolare, nel 1600 un quadro con l’effigie della Vergine Maria, è stato trovato sulla spiaggia, giunto dal mare e ritrovato da marinai di quel tempo, e sul luogo del ritrovamento i Melitesi edificarono un Santuario. Il quadro fu tenuto nei pressi del ritrovamento, in una edicola posta dove oggi sorge una nicchia, e poi fu portato nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Pentedattilo durante i lavori di costruzione del Santuario. E così nel 1680 fu costruito il Santuario e per un antico voto del marchese Domenico Alberti fu deciso che il quadro della Madonna ritorni a Pentedattilo ogni 25 marzo di ogni anno per poi scendere l’ultimo Sabato del mese di Aprile.
Con l’eversione della feudalità, le terre di Melito e Pentedattilo furono acquistate dai Ramirez, famiglia di origine spagnola che intensificò la produzione agricola introducendo agrumeti e vigneti, dunque colture più pregiate come quella del bergamotto.
Nella seconda metà del XIX secolo fu ultimato il trasferimento di tutte le istituzioni civili e religiose da Pentedattilo a Melito.
Sulla spiaggia melitese di Rumbolo il 19 agosto 1860 avvenne lo sbarco dei Mille di Giuseppe Garibaldi, che dopo aver occupato la Sicilia puntavano alla conquista delle terre del Regno borbonico “al di qua del Faro”. Un secondo, meno fortunato, sbarco dei garibaldini avvenne il 25 agosto 1862, quando giunsero in Calabria con l’intento di muovere alla conquista di Roma ancora soggetta al Papa: una stele commemorativa ed un mausoleo ricordano questo secondo sbarco. Il piroscafo a vapore Torino, affondato dai Borboni durante lo sbarco dei garibaldini, giace sul fondale a 12 m di profondità.
Arte e cultura
Monumenti e luoghi d'interesse
Architetture religiose
All'interno il Santuario si presenta con navata singola e alcuni ambienti relativi all'ospizio dei Cappuccini. Da segnalare in particolare l'altare maggiore presenta sin dalla costruzione primitiva della chiesa, e i due altari posti sui lati. Quello sulla sinistra in dedicazione a S. Maria della Pietà, quello a destra dedicato a S. Andrea d'Avellino. All'esterno la facciata si trova affiancata da un campanile del 1954, ricostruito in seguito al terremoto del 1908.
Il dipinto della Madonna di Porto Salvo, che si trova sull’altare della chiesa del Porto Salvo, raffigura la Madonna con Bambino mentre protegge un veliero in balia delle onde. È possibile supporre che la tela fu realizzata in concomitanza alla costruzione dell’edificio, innalzata nel 1680 per volere del Marchese Domenico Alberti di Pentedattilo, sui resti di una più antica chiesa che sorgeva, in località, “Portus Veneris”. L’opera, come ribadito da Solferino, potrebbe pertanto ritenersi frutto di Antonio Cilea, artista reggino operoso tra il Sei e il Settecento.
La tradizione vuole il quadro all'interno del santuario arrivato qui a Melito dalla Turchia già in tempi antichi. La leggenda narra inoltre di una ragazza di Melito rapita dai Turchi alla quale la Vergine concesse di effettuare il viaggio di ritorno ai luoghi natii con una piccola imbarcazione dove era imbarcata anche un'effigie della Madonna. Nella zona dello sbarco si eresse prima un'edicola ed in seguito sorse il santuario.
La festa di Maria SS. di Porto Salvo, si apre il 25 marzo di ogni anno che, come tradizione, viene portata in processione fino a Pentedattilo, dove sosta circa un mese, nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo, per un antico voto del Marchese Domenico Alberti. La festa si svolge l’ultimo Sabato del mese di Aprile con grande partecipazione e devozione, e per questo la Vara viene portata sempre a ritmo di danza con la musica della Banda Musicale. Il giorno prima, il venerdì pomeriggio, si compie una breve processione per le vie di Pentedattilo, e così Sabato la processione parte nella mattinata dalla Chiesetta arrivando fino alla fiumara dove l’arrivo e previsto verso mezzogiorno e la Sacra Effigie viene consegnata ai marinai, su una artistica Vara, dove la portano fino al Santuario. L’ingresso avverrà nel primo pomeriggio. La Festa ha il suo culmine la Domenica seguente con la processione per le vie principali di Melito di Porto Salvo. Il quadro esce nel pomeriggio dal Santuario e così arriva nel paese, dove i momenti più salienti sono: la sosta nel piazzale del Pronto Soccorso; un’altra sosta nell’Ospedale; il percorso nel Rione Marina, dove i Portatori festeggiano l’ingresso della Madonna nel loro quartiere portandola fino ai due ponti che costeggiano la spiaggia; e poi nel momento in cui la Madonna si dirige verso il luogo del cambio dei Portatori, dove le donne del rione marina camminando davanti alla Vara rallentano la processione, come se volessero allontanare il più possibile il momento inevitabile della consegna. E giunti davanti al Palazzo degli Alberti, la Sacra Effigie viene consegnata ai Terrazzani, portatori della parte alta del paese. La processione riparte per poi fermarsi con una breve sosta nella Chiesa Arcipretale e poi continua attraversando le viuzze del Centro Storico, arrivando nella strada di ritorno, dove tra il suono delle campane rientra nella tarda serata al Santuario.
La Chiesa dei santi Pietro e Paolo, probabilmente di origine bizantina, a navata unica, con attuale prospetto neoclassico e con il campanile a base quadrata, a due ordini, in linea con la facciata della chiesa in stile barocco; la cupola è in stile bizantino e il pinnacolo, ottagonale, è ricoperto da ceramiche. Questa chiesa è stata sede protopapale e di numerose opere di pregevole fattura e ospita le tombe della famiglia Alberti. Riedificata dopo il terremoto del 1783, ha subito oltre che numerosi interventi di restauro, tra i quali, ultimo, quello del 2001, il trafugamento della tela, collocata nella pala dell’altare maggiore, raffigurante i santi Pietro e Paolo.
La Chiesa dell’Immacolata di Melito Porto Salvo è uno degli edifici più antichi del paese, dato per conferire continuità al Culto della Vergine che qui a Melito ha origini molto lontane, legate alla famosa Madonna di Porto Salvo. La struttura è stata eretta nel primo Ottocento quale ideale sostituta della chiesa della Concessa, ora sconsacrata. Originariamente, la navata centrale era affiancata da due navate laterali minori sovrastate entrambe da un alto campanile. La chiesa era dunque visibile dalla maggior parte del paese anche per l'elevazione del terreno su cui sorge. Oggi i due campanili non esistono più.
Le sue vicende sono intrecciate strettamente a quelle di Melito, alla povertà, all’emigrazione e all’abbandono specie in alcune fasi storiche. Ricordiamo soprattutto il terremoto del 1908 che la distrusse e la rese inagibile, ma la popolazione locale la riedificò nei dieci anni successivi, sottoponendola successivamente a diversi lavori di ristrutturazione che le hanno conferito l’aspetto attuale, molto curato ed elegante. Di particolare interesse la cornice del portale, la monofora che occupa il centro della facciata ed i due rosoni ovoidali che illuminano le navate laterali: l’intera facciata è caratterizzata da decorazioni in altorilievo quali semicolonne e lesene. Al suo interno troverete opere del barocco locale provenienti in gran parte dalla chiesa della Concessa, quali un quadro di San Francesco di Paola, uno della Madonna Immacolata e tre statue in legno raffiguranti San Francesco, la Madonna e San Vincenzo.
Ogni anno, l'8 dicembre, la chiesa festeggia l'Immacolata Concezione con una processione per il paese e festeggiamenti civili alla sera nella piazza dell'Immacolata, proprio davanti alla chiesa.
L’ antica chiesa dedicata alla “Madonna della Purificazione o Candelora” (XVI sec) risale al periodo bizantino. Il culto alla Vergine prese grande incremento durante il XVI sec, quando, furono chiamati dai Francoperta (nobili reggini che detenevano la Baronia di Pentedattilo) i padri domenicani per abitare l’ annesso convento fondato nel 1554 .
Nel 1652 il convento, oggi non più esistente, fu soppresso per disposizione di Papa Innocenzo X mediante la “Bolla Instaurandae” che ordinava la chiusura dei piccoli conventi. L’ edificio ecclesiale presenta un’unica navata e nel presbiterio, nella nicchia dell’altare maggiore, è presente la scultura rinascimentale, datata 1564, scolpita su marmo bianco di Carrara e raffigurante la Madonna della Candelora.
La statua, realizzata a Messina, fu commissionata da Giovanni Demetrio Francoperta, membro della famiglia Baronale, il quale fece apporre sul lato sinistro dello scannello il proprio stemma corredato con il suo nome. Ancora da identificare lo stemma che compare sul lato destro, accompagnato dalla sigla D.M., le cui lettere sono state interpretate come le iniziali dello scultore Domenico Mazzolo, ma recenti studi attribuiscono l’opera a Giuseppe Bottone. Al centro dello scannello è rappresentato il rito della Candelora.
Nell'antico borgo di Pentedattilo, sotto il Monte Calvario in provincia di Reggio Calabria, si trova la chiesa di San Nicola che dopo aver subito notevoli danni è stata proprio in questi ultimi anni ristrutturata. Si entra da un ingresso laterale e dopo aver attraversato l'altare si giunge all'interno della chiesa dove si trovano alcuni dipinti, una statua della Madonna con in braccio Gesù e l'intera storia del piccolo borgo (la si può anche acquistare nello shop di Claude). Al piano di sopra si trova una sala dove sono state esposte opere di Artisti che han voluto lasciare il proprio contributo a Pentedattilo.
Ad Annà di Melito, nei primi anni dell’Ottocento i marchesi Ramirez, costruivano una chiesetta a servizio degli abitanti delle loro proprietà agricole. Con la crescita dell’abitato di Annà, il 19 marzo del 1903 essa venne eretta a Parrocchia dal Cardinale Gennaro Portanova. Anch’essa venne distrutta dal terremoto del 1908 e sostituita da una chiesa baracca. Sul finire degli anni Venti del XX secolo, essa venne ricostruita con struttura in muratura ma ebbe a subire i danni dei bombardamenti anglo – americani del 31 gennaio 1943. Venne successivamente ricostruita ed inaugurata nell’anno 1959.
Chiesa intitolata al Santo che venne distrutta dal terremoto del 28 dicembre 1908. Venne sostituita da una chiesa baraccata, donata dal Papa Pio X. A seguito della crescita urbana del centro litoraneo jonico, essa venne eretta a parrocchia il 19 marzo dell’anno 1932. Danneggiata dall’alluvione del novembre 1953, essa venne ricostruita con una struttura in cemento armato e muratura ed inaugurata nel 1955.
Architetture civili e militari
Melito scrisse il proprio nome nella storia dell’unità d’Italia, accogliendo Giuseppe Garibaldi ed i suoi valorosi “Mille” che, provenuti dalla Sicilia, sbarcarono il 19 agosto del 1860 sulla spiaggia di Rumbolo, a poche centinaia di metri dal Santuario di Porto Salvo. Fu accolto dal paese dove soggiornò nella Casina dei Mille (oggi un agriturismo) per un paio di giorni per far riposare i suoi uomini sotto l'attacco delle navi borboniche. Garibaldi sbarcò nuovamente a Melito di Porto Salvo il 25 agosto 1862, allorquando giunse in Calabria con le sue Camicie Rosse durante una sua operazione militare volta a conquistare Roma e scacciarne il Papa Pio IX.
E' stato costruito nel punto esatto in cui Giuseppe Garibaldi e i Mille (le Camicie Rosse) sbarcarono nei lontani 1860 e 1861. Il Museo si compone di tre sezioni: l'area esterna (qui si trova la nuova stele garibaldina che si è sostituita alla vecchia originale, ormai smantellata); quella sotterranea, con le tombe di alcuni soldati, e il Museo vero e proprio, che espone le armi e gli indumenti di Garibaldi, oltre a numerosi suoi scritti, documenti e cimeli.
Posta sulla parte più alta del paese vecchio, risale al 1550 circa.
Palazzo Alberti, noto anche come Casino degli Alberti, è realizzato nel 1667 per volere di Don Domenico, marchese di Pentedattilo. In questa fase, l'edificio è adibito a residenza degli Alberti e a sede amministrativa delle attività agricole che la famiglia aveva avviato sulla costa, promuovendo anche lo sviluppo economico del territorio di Melito. Dalle iscrizioni apposte sulla facciata, risulta che l'edificio secentesco era circondato da ameni giardini. Tra il XIX e il XX secolo, si alternano diversi proprietari, imprenditori nell'ambito della produzione della seta, con la conseguente destinazione del piano terra all'allevamento del baco. Dal 1936, l'edificio è diviso in più unità abitative.
Palazzo Alberti è ubicato ai margini del centro storico di Melito di Porto Salvo. L'edificio su due piani è a pianta rettangolare. La facciata a terminazione piana è scandita da sette assi di aperture, consistenti in portali arcati e rettangolari nel registro inferiore e in finestre rettangolari coronate da architravi con balconcini su mensole al piano superiore; la sezione mediana è accentuata in basso dall'ingresso architravato serrato tra due colonne di ordine dorico, che sostengono in alto il balcone il cui finestrone rettangolare è sottolineato da due paraste di ordine composito sorreggenti l'architrave con soprastante lunetta.